Nell’Ottocento incominciò a cambiare volto la cucina intesa come ambiente: da a volte oscura, maleodorante e troppo calda, diventò ben areata, luminosa, spaziosa e (novità) posizionata vicino alla sala da pranzo.
Gli utensili incominciarono ad assumere le forme di  quelli attualmente in uso e le batterie da cucina divennero indispensabili anche per le famiglie anche per le famiglie più modeste.

Per quanto riguarda i pasti, fino ad allora tre nell’arco della giornata, diventarono quattro o anche cinque nel caso di cittadini ricchi.
Anche gli orari divennero simili a quelli moderni:
Prima colazione tra le 7,00 e le 9,00
Pranzo tra le 12,00 e le 14,00, non più a base di soli cibi freddi, ma un vero e proprio pasto.
Spuntino verso le 17,00, a base di bevande calde e pasticcini.
Cena verso le 20,30.
Spuntino leggero verso l’una di notte, fatto da chi frequentava gli spettacoli.

Qualche parola dobbiamo spenderla anche per le modalità di servizio utilizzate nel corso di ricevimenti, poiché nel 1800 ne venne introdotto uno nuovo: il servizio alla russa.
Esso fu trasportato in occidente nel 1810 grazie al principe russo Kourahin. Ciò infastidì non poco i francesi il cui servizio era da sempre il loro fiore all’occhiello).
Il metodo russo prevedeva di servire cibi diversi in una volta sola, così il commensale aveva l’opportunità di gustare diverse specialità gastronomiche senza una precisa sequenza.
I cosi detti “Gros Pieces” (arrosti di selvaggina), dopo la cottura venivano sezionati e ricomposti in cucina prima di essere presentati e serviti.
Questi piatti spettacolari venivano disposti al centro della tavola offrendo agli ospiti un meraviglioso colpo d’occhio.
Ben presto, questo servizio fu dimenticato perché considerato inadatto per l’elevato spreco di cibi.
Solo in occasioni di grandi ricevimenti fece nuovamente la sua comparsa grazie alla sua maestosa spettacolarità.

Ed ecco un menù che venne servito alla Casa Imperiale d’Austria sempre circa nel 1868

Entrate:
        Minestra d’orzo alla Scozzese
        Dentice alla Bordolese
        Noce di vitello alla gastronomica

Antipasti:
        Prosciutto di York in gelatina
        Punch al Kirch

Primi piatti:
        Galline alle punte di asparagi con zabaglione salato
        Quaglie alla Richelieu
        Aspic alla Domenicana

        Fagioli farciti
        Carciofi alla Bariguole

Dolci:
        Bavarese alla Fiorentina
        Svedese di albicocche all’orientale
        Cussy alla Portoghese
        Gelati e frutta

Questo menù, un tempo normale, seguiva la regola che prevedeva di stare cinque ore a tavola, periodo durante il quale non si doveva pensare ad altro fuorché a magiare.

Il maestro di casa

Il personaggio che ricopriva tale carica era stato in passato un buon capo di cucina; per svolgere al meglio il suo compito era necessario che fosse ben informato e capace di mantenere in ordine la casa.
Il maestro di casa doveva sempre essere in grado di soddisfare il “padrone” ed avere buoni rapporti con lo  chef e il confetturiere.
Era compito del maestro di casa scegliere i cuochi, i confetturieri e i fornitori. Esso aveva facoltà di cambiarli quando non dimostravano di servire al meglio il “padrone”.

Questo personaggio doveva provvedere nelle case a tutto quello che era necessario per il buon andamento:
Personale
Acquisti
Conoscenza del mercato
Prezzi

Provvedeva a studiare come preparare al meglio la tavola per facilitare il servizio ai domestici senza intralciare gli ospiti.
Durante il servizio si aggirava  fra i tavoli per accogliere sia le rimostranze che i complimenti degli ospiti.
Alla fine del banchetto  si recava in cucina per valutare la possibilità di utilizzare eventualmente una seconda volta ciò che era avanzato servendolo ai tavoli dove non era presente il “padrone”

I Grandi  cuochi dell’Ottocento

Vincenzo Agnoletti – romano esso apprese dal padre credenziere presso i Doria Pamphili a Roma, l’arte della cucina affinata grazie all’aiuto di cuochi francesi e italiani.     

Pellegrino Artusi – nato a Forlimpopoli nel 1820.  Studiò in Seminario e quindi all’Università di Bologna dove si laureò in lettere.
Nel 1851 con la famiglia si trasferì a Firenze dove divenne Banchiere e agiato Borghese.
Dopo vari esperimenti decise di compilare un ricettario intitolato: “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene”    

Giovanni Vialardi
– che lavorò alla corte dei Savoia sotto Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II.
Scrisse “Il trattato di cucina, pasticceria moderna, credenza e relativa confetture ria”
Questa fu la prima opera dove troviamo un ragguaglio approssimativo del nuovo sistema metrico decimale: il metro e il chilogrammo furono introdotti come unità fondamentale delle misure di lunghezza e di peso.
Quella del Vialardi era la cucina della corte piemontese, con influssi di chiara matrice austriaca. (Maria Teresa di Lorena e Maria Adelaide d’Austria erano rispettivamente le mogli di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II).

Possiamo dire che nell’ottocento la cucina diventa moderna, si scoprono gli alimenti freschi, le verdure, le erbe aromatiche, i sapori ben miscelati e netti, i giusti abbinamenti  fra ingredienti. E
Vengono introdotti nella cucina i nuovi prodotti giunti dalle Americhe: patate, pomodori, peperoni, zucche e mais.  
 Verso la fine del XIX sec. si verificò una grande trasformazione nel mondo della gastronomia, la nascita della ristorazione moderna.
Grazie anche all’incontro di Auguste Escoffier chef e genio della cucina, con Cesare Ritz mago dell’imprenditoria.

Ricette dell’Ottocento

Riso alla Cappuccina di Giovanni Felice Luraschi – da “Nuovo Cuoco Milanese Economico”

Tritare finemente quattro acciughe e una cipolla, fate rosolare con olio in una casseruola, unitevi il riso facendolo tostare, bagnatelo a poco a poco con sugo di pomodoro e brodo sino alla giusta sua cottura.
Aggiungete poca noce moscata grattugiata, aggiustate di sale e servite.

Leggi l'intervista allo chef Bruno Cantamessa, clicca qui...

Per approfondimenti:

www.cucinastorica.eu

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