A seguire l'articolo scritto 15 anni fa da Luigi Daga sul giornale Tarquinia Città:
 
Dobbiamo mollare ?

A questa domanda, fino a poco tempo fa, avremmo risposto con un secco NO.


Quando il direttore responsabile di questo giornale, Eraldo Delle Monache, insieme alla redazione, al presidente dell’Associazione antimafia “Antonino Caponnetto”, Elvio di Cesare e al sottoscritto, decisero tutti insieme di dare battaglia, senza tregua, contro la penetrazione mafiosa nell’Alto Lazio, conoscevamo rischi e pericoli.


Non solo per l’incolumità fisica di ciascuno di noi.


Oggi difficilmente ti sparano.


La criminalità organizzata è cambiata, la strategia attuale dei mafiosi consiste nell’intimidazione con cause civili e penali, chiedendo risarcimenti milionari a chi si oppone ai loro disegni, sostenendo che subiscono un danno economico.


Aprono mille fronti con stuoli di avvocati super pagati.


I costi da sopportare per noi sono elevati, per loro no.


Alla richiesta di danni per svariati milioni, si aggiungono, spesso, azioni di discredito personale per renderci poco credibili, con denunce penali basate su falsi giudiziari.


E così ci ritroviamo sotto processo per la centrale elettrica del Formicone a Tuscania, di fronte ai boschi della Roccaccia.


Due cause a Roma, due a Perugia, una a Viterbo da parte dei soci fondatori di quell’impianto elettrico inquinante che si aggiungerà al carbone di Torrevaldaliga.


Su questa ulteriore ferita inferta a Tuscania, ma anche al nostro territorio e alla nostra salute, Sindaco di Tarquinia e Presidente dell’Università Agraria non hanno avuto nulla da ridire, nonostante alcuni dei soci promotori del sito siano già stati condannati dal Tribunale di Palermo per riciclaggio e concorso in attività mafiosa.


I giudici di Viterbo ci hanno già dato ragione, ma le cause continuano.


Altre imprese, in odore di “santità” hanno seguito questa strada e così noi siamo nell’occhio del ciclone, costretti a pagare gli avvocati per difendere la sicurezza di tutti, compito che spetterebbe prioritariamente alle istituzioni pubbliche.


Lo sapevamo, quindi perché la domanda del titolo di questo articolo dobbiamo mollare?


In questo scontro durissimo sono scese in campo le “istituzioni”, quelle che dovevano stare dalla nostra parte.


Invece il Sindaco Mazzola e l’assessore Ranucci fanno denunce contro di noi.


Così in Tribunale ci troveremo contro imprese di dubbia affidabilità e amministratori comunali, loro oggettivamente accomunati dal desiderio di vederci condannati e noi dal desiderio di giustizia e dalla volontà di difendere la nostra terra.


“Gettiamo fango su Tarquinia”


Altrettanto grave è la campagna che il sindaco Mauro Mazzola conduce contro di noi con articoli sui giornali sostenendo che noi “gettiamo fango su Tarquinia e facciamo allarmismo con una forma di accanimento contro le bellezze architettoniche della nostra città.


Sono, le nostre, solo insinuazioni, calunnie, diffamazioni” (testuali parole), perché a suo dire, chiamiamo i mafiosi con nome e cognome, peraltro senza aver mai accusato il Comune.


Io sono stato definito un “vecchio trombone che si affanna a cercare visibilità per aspirare a qualche poltrona” ignorando che per ragioni di principio, ho lasciato poltrone ben più importanti della sua.


Un sindaco (mai visto prima), che spande fiumi di veleno e chiama i cittadini a schierarsi con lui e, con il solito linguaggio raffinato, a seguirlo sul terreno degli insulti.


“Quell’8 giugno 2007”


Eppure con i cittadini, lui ed io, avevamo assunto un altro impegno, quell’8 giugno 2007 quando parlammo insieme in piazza Cavour per sostenere la sua candidatura a sindaco di Tarquinia.


Avevamo concordato e lo dicemmo, che noi avremmo combattuto il carbone dell’Enel ed assunto un atteggiamento intransigente contro la criminalità organizzata già presente nella nostra zona.


Così dicemmo di fronte a centinaia di testimoni.


“Il voltafaccia” del sindaco


Non chiedetemi i motivi del suo voltafaccia sul carbone e del suo ripensamento sull’inquinamento mafioso che oggi, secondo lui non esiste più.


So solo che, subito dopo le elezioni, organizzammo un incontro pubblico con il Magistrato Antimafia Luigi De Ficchy che lanciò, in quella occasione, l’allarme per la presenza della mafia cinese nella gestione del Terminal China che invece il Sindaco di Civitavecchia, d’intesa con quello di Tarquinia, vogliono costruire nei terreni sulla costa.


Il Sindaco Mauro Mazzola si impegnò a convocare una riunione del Consiglio Comunale di Tarquinia per bloccare l’iniziativa.


Quel Consiglio non si è mai tenuto; al contrario sono iniziati gli incontri con Gianni Moscherini, Sindaco di Civitavecchia. I clan cinesi e piduisti, per la svendita del nostro territorio.


4.200 sono gli ettari interessati al progetto affidato a Giancarlo Elia Valori affiliato alla P2 di Licio Gelli.


Noi non abbiamo ancora mollato perché molti cittadini ci hanno chiesto di restare.


“Il fuoco amico”


Io sono stato colpito dal cosiddetto “fuoco amico” quando a spararti non è il nemico ma chi ti doveva stare a fianco.


Con una aggravante: il fuoco amico ti colpisce per errore, mentre in questo caso la volontà di colpire è premeditata.


L’hanno fatto in modo spietato, nel momento in cui sto conducendo da un anno, un’altra durissima battaglia, costretto contemporaneamente a curarmi negli ospedali e a difendermi nei tribunali, creandomi maggiori difficoltà.


Sono stato denunciato come un criminale da chi aveva assunto un impegno pubblico, quell’8 giugno.


Ora trovo il Sindaco Mauro Mazzola schierato sull’altro campo.


“Usa e getta”


E' stato il trattamento che ho subito.


Spero di avere la forza per resistere, però il rischio di un cedimento fisico e morale c’è, inutile nasconderlo.

Mi scuso con i lettori, ma ho ritenuto giusto far conoscere fatti e comportamenti che non sono privati, ma denotano un “costume” dei nostri pubblici amministratori.


Ho sempre avuto le spalle larghe e la schiena eretta, ma stavolta l’infamia nei miei confronti è enorme.


Luigi Daga



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