Uno straordinario successo sta riscuotendo la Mostra “OCCHI DEL CIELO - Celti, Etruschi, Italici e la Volta Celeste”, esposta sino al 26 ottobre 2008, a Viterbo, nel Museo Nazionale Etrusco della Rocca Albornoz (tutti i giorni meno il lunedì, ore 10-13, 15,30-18,30), per il singolare argomento trattato che costituisce un aspetto fondamentale dello sviluppo della civiltà antica nella scoperta del cielo.
L’osservazione del cielo e dei movimenti degli astri sono stati indubbiamente uno dei primi strumenti dell’uomo nel suo cammino verso una padronanza del tempo e dello spazio.
All’andamento quotidiano del sole e della luna e al loro utilizzo nella spartizione dello spazio, nella scansione del giorno, del mese e dell’anno, documentate già presso i cacciatori nomadi del Paleolitico, diverse decine di migliaia di anni fa, si aggiungerà l’identificazione di gruppi significativi di stelle, facilmente riconoscibili, che permettevano di ritrovare le direzioni principali e di seguire meglio lo svolgimento delle stagioni.
I più importanti di questi gruppi di stelle, le nostre costellazioni, saranno progressivamente associati ovunque ad animali, divinità o personaggi mitici. Questo processo comincia in tempi molto antichi, come dimostra chiaramente la larga diffusione dei nomi di alcune costellazioni. Per esempio, l’Orsa Maggiore porta questo nome non solo in Europa ma anche presso popolazioni della Siberia orientale e ancora presso gruppi indigeni americani, indicando un’anteriorità dell’identificazione rispetto all’interruzione del passaggio esistente nello stretto di Bering, cioè prima di circa 15.000 anni fa.
Ovviamente, racconti mitici spiegavano la nascita e le eventuali relazioni tra le costellazioni. Ne conosciamo anzitutto la ricca raccolta lasciata dall’antica Grecia. Alle stelle, riflesso dell’ordine universale e dei suoi complessi meccanismi, viene poi attribuita un’influenza determinante sugli avvenimenti terrestri, sul destino dell’Uomo e delle società. Nasce così l’astrologia e varie tecniche di osservazione e di divinazione che cercano di scoprire nel cielo un avvenire annunciato a chi ne sa leggere i segni. Il macrocosmo vi si riflette e predetermina il microcosmo.
Le testimonianze delle conoscenze astronomiche degli antichi Europei e dei loro atteggiamenti verso il cielo stellato sono abbastanza varie e numerose, ma non sempre di facile interpretazione: oltre agli imponenti monumenti megalitici della facciata atlantica, dei cerchi di fossati e palizzate dell’Europa centrale e degli orientamenti dei defunti, una buona parte delle immagini degli ultimi millenni a.C. nascondono dei significati astrali. Tuttavia, sono per noi spesso di difficile lettura e considerati quindi dei semplici temi ornamentali.
La mostra illustra opere emblematiche di tre aspetti significativi del rapporto col cielo di altrettante diverse civiltà dell’Europa antica: la divinazione etrusca con sacerdoti (1^ foto), auruspici, modello bronzeo del fegato di Piacenza (3^ foto) e un fegato in terracotta da Faleri (Civita Castellana), la dottrina druidica dei Celti attraverso le decorazioni bronzee della Brocca di Brno (foto in mezzo), e l’adozione da parte di popoli italici di immagini di segni zodiacali importate dall’Oriente, testimoniate in vasi e coperchi in terracotta e in un coperchio bronzeo.
La mostra anticipa il 2009, anno che l’ONU ha dedicato all’astronomia.
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