SPETTACOLO, MOLIÈRE A SUA INSAPUTA. Viterbo, sabato 26 novembre all'Auditorium Università degli Studi della Tuscia. Ultime notizie Viterbo - Un insolito Paolo Hendel, nei panni di un improbabile Molière, accetta l’invito della trasmissione televisiva A sua insaputa.

Convinto di partecipare a una serata celebrativa e promozionale della sua opera, questo buffo Molière non sa ancora che in quel programma, una specie di Serata d’Onore surreale che ospita illustri personaggi del passato e del futuro, accadranno eventi singolari al limite del paradossale.

In un turbinio comico di equivoci e fraintendimenti, la serata ben presto assume i connotati dell’inquisizione: la sua vita privata, la sua opera, le sue grottesche idiosincrasie, sono analizzate, scandagliate, vivisezionate. L’ingenuo Molière prova a giustificarsi, ma la conduttrice (una strana figura mefistofelica, con bizzarri abiti contemporanei) non gli dà tregua. Sadica e soave, chiama in causa una sequela di bizzarri opinionisti e giornalisti con nomi desueti tipo Argante, Orgone, Alceste, Cleante, Tartufo che gli sproloquiano i testi delle sue commedie.

Molière riconosce in loro i suoi personaggi, e tutti gli si rivoltano contro. Lo accusano di aver copiato le sue opere dai comici italiani; di essere diventato uno scrittore di corte sempre pronto a compiacere i gusti del Re; di aver sposato sua figlia e aver concepito con lei dei bambini.

Siamo alle solite: tutti lo vogliono processare e lui è costretto a giustificarsi.

Adesso è la sua stessa vita ad assumere il carico tragicomico dei personaggi che portava in scena.

La conduttrice sostiene che le sue farse sono ormai datate, che non fanno più ridere nessuno, e per dimostrarglielo lo invita a recitare delle scene. Lui raccoglie la sfida. Ed ecco che una grottesca surrealtà prende il sopravvento: gli attori che gli vengono affiancati sono dei nani in confronto a quei giganti di La Grange, Béjart, Du Croisy; e opere come Il borghese gentiluomo, l’Avaro, Il malato immaginario, vengono letteralmente massacrate dalle interpretazioni pretestuose orbitanti attorno a intellettualistiche letture.

È della sua stessa vita che ride adesso la gente, e non più delle sue commedie.

Alla fine Molière si ritroverà solo, un fantoccio minuto di fronte all’enorme schermo di un vecchio televisore con manopola; gli sembrerà di essere uscito da un incubo.

Gli viene in mente il famoso monologo sull’Ipocrisia del Don Giovanni. È un personaggio che in vita non ha mai recitato perché lui interpretava la parte di Sganarello. Pronunciando, per la prima volta, quelle parole, lo fa con una verità disarmante: l’ipocrisia oggi è un vizio di moda, e quando un vizio diventa moda, non è più un vizio, ma una virtù.

Sul volto di questa maschera senza tempo si disegna un ghigno strano, simile a un sorriso sbilenco.

Si volta, gira la manopola e il televisore, finalmente, si spegne.

Note di regia, di Leo Muscato


L’obiettivo del regista è sempre lo stesso: aderire quanto più possibile allo spirito dell’autore che sta mettendo in scena. Sforzarsi di immaginare il legame che c’era fra i testi e gli spettatori per cui furono scritti e adattarlo al pubblico di oggi.

Con Jean Baptiste Poquelin detto Molière, bisogna fare uno sforzo d’immaginazione ancora più grande, perché la straordinarietà del suo teatro consisteva non solo nel cosa veniva rappresentato, ma anche e soprattutto nel come.

Quando noi sorridiamo leggendo le sue opere, dobbiamo avere la consapevolezza che in realtà la parte più divertente di quei lavori non ci è stata tramandata: la vera comicità era nel modo- a volte assurdo- in cui venivano presentati i personaggi e nell’atteggiamento fortemente critico nei confronti dei suoi contemporanei e della società in cui viveva. Bisognerebbe immaginare i personaggi delle sue opere come fossero dei clown: trucco eccessivo, parrucche sopra le righe, volti caratterizzati dalle smorfie, costumi esagerati, voci alterate, effetti speciali, apparizioni, sparizioni. Nel suo teatro non c’è nulla di realistico, anzi, sembra piuttosto abitato da quelle maschere della commedia dell’arte che Molière vedeva in scena a Parigi.

Alla base dello spettacolo Molière a sua insaputa c’è un progetto preciso: raccontare allo spettatore di oggi il mondo più molieriano che riusciamo a immaginare. Abbiamo preso diversi brani dai suoi testi, li abbiamo ricontestualizzati nella nostra epoca e abbiamo provato a restituirli al pubblico con quello spirito fortemente critico, ma allo stesso tempo farsesco, che animava i personaggi comici di Molière. Abbiamo provato a deformarli fino a farli diventare attuali.

Nell’affrontare questo studio sulla vita e sull’opera di Molière ci siamo chiesti: “Che cosa accadrebbe se una personalità come la sua facesse un rocambolesco viaggio nel futuro e precipitasse nel nostro mondo contemporaneo? Come si comporterebbe, per esempio, se fosse ospite di una trasmissione televisiva in cui una mefistofelica conduttrice riesuma celebrità dal passato e le rende ridicole agli occhi di un pubblico affamato e compiacente?”.

La travolgente simpatia di Paolo Hendel e la sua straordinaria comicità hanno reso immediatamente chiaro che il viaggio nel tempo doveva trasformare il nostro protagonista in una nuova buffissima maschera di allocco, una di quelle che Molière stesso interpretava.

Su queste premesse nasce Jean Baptiste, un tipetto gentile, entusiasta e troppo ingenuo; uno che indossa abiti seicenteschi quando tutti gli altri vestono abiti moderni. Convinto di partecipare a una serata celebrativa e promozionale della sua opera, non si rende conto che in realtà la sua vita privata, la sua opera, il suo mestiere vengono banalizzati, ridicolizzati e anche denigrati da una squadra di tuttologi invitati in studio: delle vere e proprie maschere grottesche, ricalcate su certi mostri contemporanei che abitano alcune trasmissioni televisive.

Un giorno Hendel mi ha detto: “L’unica comicità che ha un senso, è quella necessaria. Necessaria a te che la fai, e necessaria alla gente cui ti rivolgi”.

È un bel modo di fare resistenza: usare la risata.

Leo Muscato



SIPARIO APERTO


SABATO 26 NOVEMBRE 2011 ore 21,15


Auditorium Università degli Studi della Tuscia


MOLIÈRE A SUA INSAPUTA

da Molière

progetto di Leo Muscato e Paolo Hendel

drammaturgia e regia di Leo Muscato

con Paolo Hendel

e con Maria Pilar Pèrez Aspa, Laura Pozone e Mauro Parrinello

Scene e costumi di Carla Ricotti

Luci di Alessandro Verazzi

Musiche originali di Alessandro Sironi



INFO BIGLIETTI


Lo spettacolo ha inizio alle 21,15. I biglietti, in vendita presso Underground e attraverso il circuito autorizzato Green Ticket, potranno essere acquistati anche la sera di ogni spettacolo, due ore prima dell'inizio, presso il botteghino dell'Auditorium in Santa Maria in Gradi (ingresso via Sabotino, ampio parcheggio interno).



MOLIÈRE A SUA INSAPUTA è il secondo spettacolo di Sipario Aperto, la stagione teatrale 2011-2012 promossa dal Comune di Viterbo - Assessorato alla Cultura - curata dall'associazione Athanor Eventi e diretta artisticamente da Stefano Porri.

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