Il Ministro Tremonti, in un articolo apparso sul Corriere della Sera, tra l’altro, si schiera apertamente a favore della gestione pubblica dell’acqua, spiazzando, così, del tutto i “liberisti”  dell’ultima ora, presenti numerosi anche a Viterbo, come si è visto attorno alle complicate vicende che hanno investito la nascita della società Talete.

 

Scrive, infatti, il Ministro: "Cibo e acqua non sono una merce qualsiasi da lasciare al mercato secondo la logica del profitto…La logica del mercato va correttamente applicata per rendere cibo ed acqua più disponibile per tutti, in modo efficiente e senza sprechi. Ma non deve essere applicata per rendere il cibo e l’acqua un nuovo formidabile strumento per conseguire profitti privati di monopolio o rendide di posizione.

I Goveni hanno il dovere di adottare le misure necessarie affinchè l’acqua non diventi una ragione di separazione sociale tra ricchi e poveri, che si tratti collettivamente di interi Paesi o individualmente di cittadini all’interno dei vari Paesi”.

 

Parole che mi auguro leggano quanti nel viterbese vanno ripetendo il ritornello “privato è bello”.

Accuseranno il Ministro di essere un marxista?

Il mio pensiero va ad Antonio Filippi, allora segretario della CGIL di Viterbo, che si battè per impedire la privatizzazione dell’acqua;si cercò, addirittura, di farlo passare per un ottuso gruppettaro.

Filippi(in verità non solo lui) la ebbe vinta,ma fu scontro molto duro.

Oggi-guarda come va il mondo-seppure indirettamente, ha il riconoscimento di un autorevole esponente del Governo di centro-destra.

Spero che il Ministro si ricordi  delle sue affermazioni anche a proposito della sciagurata proposta, lanciata dal Presidente del Consiglio, di voler privatizzare gli ospedali.

Non a caso ha dichiarato Umberto Veronesi:”Chiamare azienda un ospedale è un errore:l’azienda deve fare profitto, l’ospedale deve fare salute”. E la salute, aggiungo, è un diritto garantito dalla  Costituzione, al di là dei redditi personali di ciascuno.

Anche per questo ci consideriamo un Paese civile.

Torno per un momento sulle società partecipate dal Comune.

In una città dove vive un modesto numero di persone era proprio necessario intraprendere questa strada? Quali complessi problemi si dovevano affrontare per cui erano indispensabili “manager”e consigli di amministrazione? La mia opinione è che si sia finiti nel ridicolo.

Si è giocato ad essere grandi ed importanti..

Oppure è cattiveria pensare che si è intravista l’occasione per aggirare alcune leggi, per procedere ad assunzioni e per sistemare “politici”rimasti in panchina?

Mi viene in mente un manifesto dell’allora PDS nel quale si denunciava  che il costo per la sola gestione delle nuove società ammontava a 300 mila euro l’anno.

Piu’ rispetto per i cittadini, più amore per Viterbo avrebbero consigliato, io credo, maggiore prudenza. I “manager”che, comunque, tali non erano, c’entrano davvero poco: se ne convinca anche il Vice-Sindaco Meroi, persona seria e che stimo.

 

Oreste Massolo

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