Spending review, dove non sono stati efettuati tagli,ultime notizie Roma - Società partecipate, o enti strumentali che dir si voglia: un patrimonio che annovera società, consorzi e centri in mano a regioni, province e comuni che, stando al documento redatto pochi giorni fa dall’Upi (Unione Province Italiane), costerebbero alle casse pubbliche ben 7 miliardi di euro.
Si tratta di 3127 società che in molti casi oltre ad avere dei costi esorbitanti, piuttosto che partecipate, non sono altro che duplicati di assessorati, in altri casi invece sono enti dalla dubbia utilità. Un mare magnum spesso completamente sconosciuto al cittadino che – per fare un esempio – mai si immaginerebbe di contribuire al centro di studi africani dell’Emilia Romagna.

Impressionanti sono anche i numeri di questi enti. Il primato spetta proprio all’Emilia Romagna: ben 368 le società partecipate dagli enti locali. Seguono Lombardia (297), Veneto (258) e Piemonte (253). Fanalino di coda il Molise. Ma attenzione: anche la più piccola regione d’Italia ha le sue partecipate. Ventuno società. Ed anche tra queste alcune lasciano interdetti. Basti pensare alla Società Aeroporto del Molise. Peccato, però, che in regione non ci sia nemmeno l’ombra di un aeroporto. Nella stragrande maggioranza dei casi i consigli di amministrazione pullulano di uomini politici o di loro amici nominati direttamente dai consigli regionali. Trombati dalla politica e persone in debito col potere.

Il vero scandalo, però, sta in altro. Se andiamo a scorrere la lista delle partecipate di comuni, province e regioni ci accorgiamo di quanto alcuni di questi enti abbiano – per rimanere sul cauto – una dubbia utilità. Società, consorzi, istituti sconosciuti dai nomi imbarazzanti che il cittadino mantiene (ognuno di questi enti, chiaramente, ha amministratori se non veri e propri cda) senza – c’è da giurarci – che ne sia al corrente.

Spulciando tra i vari enti si trova di tutto. Bisognerebbe chiedere, ad esempio, ai liguri se sappiano dell’esistenza della Scuola di vela S. Teresa o dell’IRF (Istituto Regionale per la Floricultura di Sanremo). Ma, d’altronde, sono tante le regioni che nutrono interesse smisurato per i fiori. Ed ecco allora anche in Umbria comparire l’Azienda Vivaistica Regionale UmbraFlor srl.

In Piemonte, invece, è stato messo su un Centro di studi africani, un Istituto per le piante da legno e l’ambiente e un Centro internazionale del cavallo. E poi un Consorzio di Ricerca, Sperimentazione e Divulgazione per  l’Ortofrutticoltura Piemontese. Quello che sembra, insomma, è che si istituiscano enti alla minima necessità. Non si comprenderebbe il perché, ad esempio, della Fondazione Esperienze di cultura metropolitana. Spostiamoci in Emilia Romagna, la regione con il maggior numero di enti come già abbiamo detto. Qui, tra le tante e tante cose, compaiono un Centro di documentazione di storia della psichiatria, un centro internazionale di studi turistici e l’Istituto per lo studio e l’applicazione delle Scienze Aeronautiche e Spaziali.

In Veneto troviamo di tutto di più. Dal Consorzio intercomunale soggiorni climatici di Verona, all’Istituto culturale delle comunità dei ladini storici delle Dolomiti bellunesi, oltre a una Fondazione centro studi transfrontaliero del Comelico e Sappada. Senza dimenticare il validissimo Istituto per la conservazione della gondola e la tutela del gondoliere. Anche in Campania abbondano strane partecipate. Come il consorzio che si occupa delle “applicazioni dei materiali plastici per i problemi di difesa dalla corrosione”, o l’altro che invece si occupa dei “Materiali Polimerici e Strutture”. Senza dimenticare peraltro il consorzio cimiteriale. Ma il top è quest’altro ente: Film Commission Regione Campania. Il nome inglese sembrerebbe dargli un tono autorevole. Ma cos’è? Si legge sul sito: “la missione della FCRC è promuovere la Campania come set ideale per la realizzazione di film, serie televisive, spot pubblicitari ed altri prodotti dell’audiovisivo”. Insomma un ente (e dunque amministratori) per far sì che la Campania faccia da set.

Anche la Puglia ha il suo perché con l’Ente autonomo fiera mostra dell’Ascensione di Francavilla Fontana. E poi la Lombardia con il suo Consorzio “Sistema Bibliotecario Nord-Ovest” e le assolutamente vaghe (perlomeno nei nomi) Azienda Servizi di Utilità Sociale Bollate e l’ASPEF, l’Azienda Servizi alla persona e alla famiglia. All’appello non mancano, poi, le isole. In Sicilia abbondano i Consorzi di ripopolamento ittico (ben tre) e poi il centro Innovazione Tecnologica Serricoltura. Fantastico, poi, il Centro regionale per la catalogazione inventariazione. Senza dimenticare accanto alla cura per l’ittico, anche quella per l’ippico con l’Istituto incremento ippico di Catania. Una passione, quella per i cavalli, che accomuna Sicilia e Sardegna. Anche qui infatti troviamo un istituto di incremento ippico. Ma anche un Istituto sardo del lavoro artigiano e un non meglio precisato Osservatorio Economico.

Spulciando l’elenco delle partecipate toscane si rimane sconcertati. Prendiamo il porto di Livorno. Per gestirlo è stato istituito un ente pubblico, l’autorità portuale di Livorno. Ma non basta, perché poi c’è la società Porto di Livorno 2000. Basta così? Assolutamente no, perché ecco che spunta anche la SPIL spa, Società Porto Industriale Livorno. Verrebbe da chiedersi cosa mai facciano di così diverso i tre enti. Insomma, doppioni su doppioni. Scendiamo un pochino e fermiamoci un Umbria e precisamente a Perugia.

Nella lista delle partecipate troviamo l’Apm (Azienda Perugina della Mobilità), ma da quando è nato il minimetrò nel capoluogo umbro, ecco un altro bell’ente solo per la sua gestione, Minimetrò spa. Insomma, parliamo spesso di enti i cui compiti cozzano e si toccano con quelli di altri enti. È il caso, ancora, di Rimini che ha istituito società per ogni aspetto della vita pubblica e culturale: Riminiterme spa, Rimini Teatro spa, Rimini Congressi scarl e Rimini Reservation srl (ente, quest’ultimo preposto alla prenotazione di eventi).

Senza dimenticare, peraltro, che nella stragrande maggioranza dei casi le partecipate risultano essere “fotocopie” degli assessorati, siano essi regionali, provinciali o comunali. In quasi tutte le regioni troviamo, ad esempio, l’istituto che si occupa di lavoro (Veneto lavoro, Abruzzo Lavoro, Azienda Calabria Lavoro et coetera) nonostante in ogni consiglio ci sia chiaramente l’assessore preposto al lavoro. Stesso dicasi per lo sviluppo economico (Sviluppo Italia Calabria, Sviluppumbria).

E poi società che gestiscono pargheggi, ditte e fabbriche. E tante, tante immobiliari. Spazio anche per i casinò: partecipate a Sanremo (Casinò municipale di San Remo spa) e a Venezia, dove ne troviamo addirittura due, Casinò Municipale di Venezia spa e Casinò di Venezia Meeting and Dining Services srl.

Ma la medaglia d’oro spetta alle fiere: non c’è una regione che non abbia istituito un ente per la promozione attività fieristiche. Solo in Emilia Romagna, tra regione, province e comuni si contano ben otto enti preposti alle fiere: Cesena Fiera spa, Società per le attività fieristiche ferraresi spa, Fiera di Forlì spa, Fiere di Parma spa, Rimini Fiera spa, Bologna Fiere spa, Siper Fiere di Reggio Emilia srl, Ente Fiera srl. Non finisce qui. Prendiamo Genova. Nel capoluogo ligure sono addirittura due gli enti per le attività fieristiche: Fiera di Genova spa e Marina Fiera di Genova. Ma il record è di Vicenza. Addirittura tre partecipate, tutt’e tre spa (e dunque con tanto di cda): Fiera di Vicenza spa, Vicenza Fiera International spa e Immobiliare Fiera di Vicenza spa.

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