I privilegi inaffondabili della casta, ultime notizie Roma -  Mentre la polizia spagnola massacra a Madrid i minatori in sciopero, in seguito agli ordini del governo Rajoy, fratello di quello di Monti, le mosse del Partito Democratico in Italia appaiono sempre più risibili: dall’avallo della riforma del lavoro, all’accettazione dei tagli a sanità e scuola, fino all’accettazione del rifiuto della concertazione messo in campo dallo stesso Monti.

La vera natura del PD rimane quella di dieci anni fa: il partito complice, attraverso la mancata adozione di una normativa sul conflitto di interessi e in materia di antitrust televisivo, del ventennio berlusconiano, il partito che ha votato tutte le controriforme sul lavoro, sulle pensioni, sul pareggio di bilancio in Costituzione, il partito di Lusi, Penati, Ichino, Fioroni, Adinolfi e che ha portato in Parlamento la Binetti, Calearo, Rutelli, Lusetti.
Sono passati vent’anni dallo scioglimento del PCI e probabilmente dei suoi vecchi elettori ben pochi oggi si rivolgono al PD al contrario della sua nomenklatura – i D’Alema, i Veltroni, i Fassino, i Bersani, i Chiamparino – che ha trovato evidenti ragioni per traghettarsi al ‘nuovo’ così come quella pletora di funzionari, di amministratori locali, di peones parlamentari, di nominati nelle varie aziende a capitale o controllo pubblico.

In ogni caso per un partito la cui base sociale ed elettorale dovrebbe essere costituita, a quanto risulta, da lavoratori dipendenti, in special modo del settore pubblico e della scuola, e da piccoli imprenditori e artigiani è quantomeno singolare partecipare allo smantellamento dello stato sociale e delle garanzie per lavoratori e pensionati e indurre all’inazione la propria controllata la CGIL della Camusso (sicuramente destinata nel prossimo futuro a ricoprire, come i suoi predecessori, un qualche incarico parlamentare).

Ha dunque ragione Monti quando si scaglia contro la concertazione: con un sindacato che si cala le brache di suo che senso ha dover trattare? Certo se il sindacato facesse il suo mestiere e il suo dovere, bloccando ad esempio – dopo un’adeguata raccolta fondi – servizi fondamentali per dieci o quindici giorni consecutivi, nessuno potrebbe permettersi certe uscite e soprattutto i provvedimenti di macelleria sociale che sono stati varati.





Oltre dieci anni fa Nanni Moretti interveniva a Piazza Navona per fustigare i dirigenti del centro sinistra e profetizzare che con quei leader non avremmo mai vinto per anni le elezioni. Non sbagliava nel senso che con quei leader non è mai stata realizzata una politica realmente riformatrice e progressista (che la coalizione imperniata sul PD abbia vinto le elezioni nel 2006 con una risicata e precaria maggioranza, caduta solo due anni dopo, e che altrettanto potrebbe succedere nel 2013 conta, dal punto di vista di sinistra, davvero poco, anzi è stato e sarebbe addirittura controproducente).

Ad una partitocrazia a cui ormai viene a mancare la terra sotto i piedi restano, tra le ultime carte da giocare, la riforma della legge elettorale da cucirsi addosso, come scrive Beppe Grillo, per poter continuare a barattare il mantenimento dei propri privilegi di casta con la conferma del governo dei poteri forti, sia guidato da Monti o da altri, e la nuova discesa in campo di Berlusconi, per riproporre il teatrino della guerra all’ultimo voto tra destra e sinistra.

Non c’è nessuno a cui faccia comodo quanto al PD la candidatura di Berlusconi: con il baubau del padrone di Mediaset potranno recuperare voti a sinistra. Spero che non siano in tanti a caderci ancora una volta, per quanto mi riguarda io non sarò tra quelli.

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