Una sorta di “colpo di mano” sarebbe in atto da parte
di un governo dimissionario, con il varo della Strategia Energetica
Nazionale che tutela, in larga parte, le fonti fossili, ultime notizie Roma - www.unonotizie.it - Questa
è l’accusa che Greenpeace, Legambiente e Wwf hanno lanciato, dopo le
dichiarazioni del ministro Clini durante la presentazione del rapporto
ambientale dell’Ocse sull’Italia. Il ministro dell’Ambiente ha detto
di aver firmato, insieme al suo collega dello Sviluppo Economico,
Corrado Passera, un decreto interministeriale col quale si approva
la Strategia Energetica Nazionale.
Secondo le associazioni ambientaliste si tratterebbe di un atto
illegittimo, adottato da un governo in carica solo per gli affari
correnti, su una materia di programmazione strategica che tutto
rappresenta fuorché “ordinaria amministrazione”.
La Sen, infatti, è un
documento che definisce lo sviluppo energetico dell’Italia da qui al
2020: un periodo troppo limitato per una strategia, ma sufficiente per
ipotecare il futuro del Paese con il delineato impulso alla
trasformazione in hub del gas e il via alle trivellazioni selvagge.
Le
associazioni rilevano inoltre una sostanza più esplicitamente
‘politica’ di questa vicenda: la linea dell’esecutivo Monti è uscita
chiaramente sconfitta dalla competizione elettorale, e ciò indebolisce
ulteriormente il ruolo dell’attuale governo quando si tratta di
provvedimenti di programmazione da adottare per il futuro del Paese.
Tutto ciò avviene mentre si sta per insediare un nuovo parlamento. Il
testo che il ministro dell’Ambiente e quello dello Sviluppo Economico
promuovono è peraltro un mistero, dal momento che dopo un processo di
consultazione su una prima bozza – processo al quale hanno partecipato
anche le associazioni ambientaliste, rilevando numerose debolezze –
nessuno ha potuto leggere la versione definitiva che ora sarebbe stata
approvata.
Greenpeace, Legambiente e Wwf contestano da mesi gli indirizzi generali, nonché molti dettagli, della Sen proposta dal governo Monti.
Questa strategia – nella sua prima stesura – è applicata a uno
scenario di respiro troppo breve, che arriva solo al 2020, ed è
fondata su pochi capisaldi:
- incentivare e facilitare lo sfruttamento delle scarsissime risorse
petrolifere del Paese, mettendo a rischio ambiente, paesaggio e salute
pubblica per un ritorno economico esiguo;
- fingere che non esista la questione carbone – la fonte più dannosa
per il clima e la salute umana – salvo continuare ad approvare nuovi
progetti di centrali alimentate con quella fonte (come nel caso di
Saline Joniche) o progetti di ampliamento di impianti già esistenti
(come nel caso di Vado Ligure);
- definire obiettivi di sviluppo ambiziosi per le fonti rinnovabili,
ma identificare al contempo strumenti del tutto inadeguati a
consentire questa crescita;
- trasformare l'Italia in un grande hub del gas, senza chiarire i
vantaggi per il paese vista l'assenza di politiche che superino gli
impianti a carbone e a olio combustibile.
Mentre si predispongono così nuove regalie alle lobby delle fonti
fossili, gli investimenti in fonti rinnovabili, in Italia, sono calati
del 51 per cento nel 2012 (dato reso noto dall’Ocse) per effetto
dell’incertezza normativa, delle riduzioni “selvagge” e non cadenzate
degli incentivi, nonché per le barriere amministrative: ovvero, si sta
rallentando o affossando l’unico settore che aveva dimostrato, in
questi anni, una tendenza anticiclica, continuando a generare Pil e
occupazione.
Greenpeace, Legambiente e Wwf si riservano di impugnare gli atti di
approvazione della Sen presso i fori competenti, per contrastare con
ogni strumento un piano che – qualora non vi fossero sostanziali
revisioni rispetto a quanto sin qui promosso dal governo Monti - non
garantirebbe al Paese alcuno sviluppo e costituirebbe, invece, un atto
di grave miopia, profondamente in conflitto con ogni istanza di
sviluppo sostenibile.