Lo scorso 8 Aprile, sulle pagine de “Il Quotidiano del Sud”, a cura di Eugenio Furia, è stata pubblicata un’intervista al segretario organizzativo regionale della Uil Basilicata Vincenzo Tortorelli.

Oggetto dell’intervista “Le falle nella gestione della crisi e qualche idea per il dopo-Covid”, partendo da disamina e suggerimenti riguardanti l’emergenza sanitaria in atto.

Nell’invito/appello rivolto al Presidente regionale Bardi ed al responsabile della Task force regionale Esposito, Tortorelli privilegia tra l’altro, nello scenario del dopo-virus, l’idea-proposta di Fondo mutualistico, che avrebbe “la caratteristica di strumento finanziario a diretta emanazione regionale, con l’ausilio ed il sostegno dei soggetti legati alla rappresentanza sociale ed imprenditoriale. Pensiamo ad un fondo mutualistico di 200 milioni di euro, un prestito delle compagnie petrolifere da restituire a partire dal 2022 per la durata delle concessioni petrolifere al netto di quello che devono dare per le royalties, l’Ires, la fiscalità statale. Qualcuno dovrebbe ricordare che la Uil e il Cssel (Centro Studi Sociali e del Lavoro n.d.r.) in tutti questi anni hanno condotto un’iniziativa asfissiante  per la  costituzione del Fondo Sovrano che se ora ci fosse avrebbe rappresentato più che un’ancora di salvezza, un’autentica cassaforte regionale”

 Ancora più accorato si fa l’appello del segretario lucano Uil a Bardi, quando, esaltando il metodo concertativo e nel timore di sua dismissione a fine emergenza, invocando “una risposta straordinaria e robusta del livello locale nella crisi da Covid 19 per sostenere le esigenze di famiglie e cittadini e quelle delle imprese”, sollecita “il Governo Regionale a valutare con tutta l’attenzione che merita la nostra proposta di costituzione di un ‘Fondo regionale di investimento sociale’,… che può essere un ottimo strumento moltiplicativo di risorse e di reddito adeguato al difficile momento depressivo e per buttare le basi sul dopo emergenza”.

Tortorelli propone un Fondo “auto sostenuto sul mercato finanziario”, che si aggiungerebbe “al prestito da parte delle compagnie petrolifere”  già citato.

Insomma, Fondo mutualistico, Fondo regionale di investimento sociale, non sono che denominazioni diverse, con ipotesi di gestione finanziaria e di mercato forse tecnicamente diverse, ma entrambe riconducibili, per ispirazione e per funzione, alla proposta di costituzione di un  Fondo Sovrano regionale, che la Uil in Basilicata condivide da tempo con Cgil e Cisl.

Ciò che più ci rende allibiti davanti a tanta persistenza monotematica della proposta di Tortorelli &C. è l’univocità del suo approccio da fedele servitore e ventriloquo di quello che soltanto pochi mesi orsono si sarebbe detto il “pensiero unico estrattivo”.

Nemmeno lontanamente scalfito dalle preoccupazioni degli accordi di Parigi della Cop 21 del 2015, dal fallimento della Cop24 di Madrid, dalle centinaia di relazioni scientifiche dell’IPCC dell’Onu che evidenziano la scadenza temporale di non più di 10 anni per fare qualcosa per evitare l’ulteriore innalzamento climatico di 2 gradi centigradi; del tutto impassibile e refrattario di fronte all’ondata del più globale dei movimenti della storia umana (FFF, Extinction Rebellion) contro la lobby del Fossile e a favore delle rinnovabili pulite, il segretario Tortorelli continua imperterrito a vestire i panni di un grigio e “responsabile” burocrate di stampo confindustriale.

Le sue frequentazioni con il Cssel (Centro Studi Sociali e del Lavoro) avrebbero dovuto, nel bel mezzo dell’esplosione di una crisi sanitaria mondiale dalle modalità di gestione del tutto inedite, un utile e fecondo allargamento della visuale.

Evidentemente Tortorelli (e chi come lui) teme i “rischi” pensiero divergente ed anticapitalista più del Covid-19!

Peccato che non si sia accorto della vera e propria accelerazione che la riorganizzazione ed il riorientamento degli assets finanziari e produttivi delle stesse grandi compagnie petrolifere stanno manifestando in questi ultimi mesi.

I fondi sovrani stanno rivedendo la composizione del portafoglio dei loro investimenti, puntando alla graduale dismissione degli assets petroliferi. Tra questi il fondo sovrano norvegese, che, primo al mondo, ha finanziato il welfare con le entrate "petrolifere".

Non si tratta certo di un repentino “addio al petrolio”; il fondo da 900mila miliardi di euro di patrimonio comincia, con un piano preciso e ragionato, a voltare le spalle ai petrolieri, disinvestendo strutturalmente nel settore per oltre 5 miliardi di euro, non solo in virtù di condizionamenti politici e sociali, ma per attenuare i rischi di un’economia troppo dipendente dagli idrocarburi ( vedi ad es. https://www.ilsole24ore.com/art/il-timido-addio-petrolio-fondo-sovrano-norvegese-italia-mirino-solo-saras-ABr6t5bB https://quifinanza.it/finanza/perche-la-norvegia-ha-abbandonato-un-investimento-da-54-miliardi-di-euro/315421/).


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