L'edizione 2008 della Banca del Racconto cala il sipario a Farnese, terza e ultima tappa dopo le “meraviglie” fiabesche narrate da Pietro Moretti a Latera e il pienone di pubblico e di consensi riscossi da Cencio Gioiosi e dalla sua “capanna del pastore” a Cellere.
L'appuntamento è per le 16.30 di sabato 13 dicembre, presso il Centro Anziani.
Alfonso Prota e Antonello Ricci presenteranno “Savino Bessi: il sindaco-bracciante diventa scrittore”. A seguire degustazione di prodotti tipici.
Interverrà Roberto Mancini, assessore alla cultura del Comune di Farnese.
La Banca del Racconto è un'iniziativa dell'associazione culturale Percorsi, realizzata con il contributo dell'assessorato alla cultura, turismo e sport della Provincia di Viterbo e della Regione Lazio.
L'iniziativa farnesana è organizzata in collaborazione con l'assessorato alla cultura del Comune di Farnese.
Con il patrocinio di: Comune di Farnese, Comune di Cellere, Comune di Latera, Museo del Brigantaggio–Cellere, Museo della Terra–Latera, Riserva Naturale Selva del Lamone
Con il contributo di: Comune di Farnese, ARCI Viterbo, Azienda Agricola Biologica La Poppetta – Farnese, Azienda Dialmar – Cellere, Azienda Agricola Radicetti – Cellere, Cantina Lotti – Cellere, Soc. Coop. S.T.A.F. arl – Viterbo.
Un particolare ringraziamento a: Roberto Mancini, Fulvia Caruso, Stefania Mezzabarba.
Ingresso libero.

Savino Bessi: il sindaco-bracciante diventa scrittore
Chissà a che pensa quando si mette in pausa, di profilo, lo sguardo perso chissà dove, le mani ferme per aria. Quelle mani così belle. Diafane e antiche. Ricominciano a gesticolare. Sembra vogliano scriverle nell'aria, le sue storie. Balilla a scuola, biscino a dodici anni. L'orribile spettacolo della guerra: una carlinga sconquassata a terra, brandelli di carne umana tutt'intorno. Il sogno di fare l'interprete quando fossero arrivati in Maremma gli Angloamericani. Poi il dopoguerra, l'antifascismo, l'impegno politico, la lunga esperienza da sindaco. Il sindaco-bracciante. Infine la pensione.
Proprio “con il pensionamento” Savino Bessi, farnesano, riscopre in sé un'antica vocazione al racconto, sperimentata fin da bambino ma “cristallizzata” per troppo tempo “sia dal duro lavoro dei campi sia dall'attività amministrativa”: egli prende “i saperi” che aveva “accumulato e diligentemente riassunto in cinque grandi agende” e diventa scrittore. “Con tanta passione e foga”, quasi volesse recuperare “il tempo perduto”: 10 libri in 10 anni. Da La lucciola (uscito nel 1998, dopo non poche difficoltà a trovare un editore) fino a Le vicende di due fratelli farnesani e dei loro discendenti (2008) e Il dialetto farnesano nella civiltà contadina che vedrà la luce a breve. Saggi e romanzi. Saggi che in verità sembrano volersi trasformare in romanzi tout court. E viceversa. Passato e presente. Il campanile e il mondo. E prendendo spunto all'ombra del suo campanile, sulla base della sua diretta esperienza di vita, Savino si mette in testa di rievocare il tormentato “secolo breve”: dall'emigrazione contadina verso le Americhe alla dittatura fascista, dalle guerre mondiali alle lotte per la terra e a una riforma agraria giunta troppo tardi. Ma anche l'oggi: questi nostri giorni di omologazione consumista, di fossilizzazione dei dialetti, di nuove migrazioni e nuovi razzismi: “Nei miei scritti ho messo a confronto il mondo di ieri con quello di oggi, denunciando i mali che affliggono l'umanità e lanciando un forte messaggio affinché si cambi rotta prima che sia troppo tardi”.
L'istanza morale che muove la sua scrittura. La passione e la severità etica del suo dettato. Il puntiglio della sua aggettivazione. I “singhiozzi” della sua sintassi. E, perché no?, la sua stessa “fantastica ortografia” (così la chiamerebbe, senz'altro, Benedetto Croce): tutto ci spinge a rubricare Savino Bessi come una speciale reincarnazione dell'arcaico e misconosciuto topos del poeta a braccio, figura centrale invece nella trasmissione e nella socializzazione dei saperi e dei racconti nel mondo contadino e pastorale di un tempo.
Se glielo suggerite, lui vi risponderà che assolutamente no, che non è vero. I suoi saggi-romanzi gli sembrano tutt'altra storia rispetto alla poesia estemporanea . Ma le strofe rimate secondo lo schema ariostesco, che a mo' di riassuntino boccaccesco aprono tutti i capitoli de La lucciola 2, dimostrano da quali nobili e intricati rami discenda la sua vis narrativa. Aedo venuto al mondo fuori tempo massimo, in un certo senso Savino ha però anche ragione. Lo scarto vero e proprio della sua arte sta nelle cose che racconta solo quando il registratore è ormai spento: i segreti dell'artigiano al lavoro nella sua officina di scrittura. La consapevolezza che scrivere è dono ma anche lavoro e missione. Ed è con questa consapevolezza che Savino Bessi consegna a Farnese il dono più bello: l'autobiografia comunitaria, rigorosa e appassionata, del suo amato paese.

Che cos'è la banca del Racconto
Il progetto “Banca del Racconto” lavora sulle identità del nostro territorio e dei suoi paesaggi a partire dai suoi patrimoni narrativi. L’obiettivo è restituire alle comunità interessate i patrimoni narrativi raccolti con l’interesse di un buon tasso di sociabilità dei saperi.
L’idea è semplice: gli operatori della Banca del Racconto identificano uno o più “focolari” narrativi di rilievo rispetto all’identità comunitaria.
Operatori e narratori locali contrattano e definiscono le forme di una restituzione narrativa alle comunità: potrà trattarsi di un video, di un libro, di conferenze o lezioni-spettacolo, di spettacolo tout court, di una mostra, di passeggiate-racconto o di vere e proprie visite guidate.
La peculiarità del progetto è che i narratori partecipano da protagonisti, sotto la regia degli operatori-tutor, anche alle fasi di progettazione e di concreta realizzazione della restituzione alle comunità.

C. De Amicis

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