In questi giorni si è assistito ad una brutta pagina amministrativa e politica, con riferimento alla discussione sul Piano Territoriale Paesistico Regionale.
Sia la maggioranza a Palazzo dei Priori che ampia parte della minoranza del PD hanno inteso promuovere una sorta di “crociata” contro i tentativi della Regione di ostacolare lo sviluppo della città, arrivando a paventare ipotesi di congiura per impedire la realizzazione dell’Aeroporto.
Nessuna analisi sullo stato della crescita del capoluogo, del cosiddetto e invocato sviluppo: nessuna autocritica nei confronti di un sistema che ha gestito l’urbanistica in modo sconsiderato e in aperta collusione con le imprese edili ed immobiliari.

Critica ed analisi che sarebbe state plausibili almeno da chi ha avuto ruoli e compiti di opposizione negli ultimi decenni. Ma forse è in corso una nuova spartizione trasversale.
Il PRG di Viterbo è troppo vecchio, datato 1959. La Variante generale risale al 1979 prevedeva nuove edificazioni per circa due milioni e mezzo di metri cubi per quasi 25 mila residenti, programma realizzato per quasi il 90%.  Ma oltre questi, attraverso il ricorso sistematico a Varianti integrative (Piani di edilizia popolare e Piani integrati) tutte realizzate in aree agricole cubature “straordinarie” per oltre 10.000 abitanti: 1.000.000 di metri cubi e decine di ettari di terreno agricolo sottratti al territorio al di fuori di ogni programmazione.

Per quanto riguarda l’esistenza di vincoli – che pure esistevano -  questi non hanno fermato amministratori e costruttori per distruggere pezzi su pezzi della Viterbo di arte e archeologia: il Bulicame, la Cartiera Discepoli, le Ceramiche Tedeschi, la Cartiera del Roncone, Porta Fiorita, Valle Faul, la Pinetina, il Cunicchio, la Valle del Paradosso. Cosa possiamo dire poi dell’ormai abbandonato parcheggio di S. Pellegrino e delle centinaia di Ville/ricoveri agricoli abusivi, delle quali l’amministrazione si è disinteressata, incentivando il ricorso ad un indebito condono che ha sancito la realtà dei fatti: quello di Viterbo è un territorio in vendita. Si è costruito in ogni luogo, indebitamente,
in assenza di criteri funzionali ed estetici.

Ora la Regione Lazio pone degli opportuni e fondamentali limiti: appare infatti quantomeno urgente un vincolo – in passato invocato da molti – sulla cinta muraria di Viterbo e sul paesaggio circostante. Così pure sull’area termale, terreno di conquista per speculatori, che è già in parte irrimediabilmente scomparsa: vi ricordate la palude del Bagnaccio? Il Documento dei Saggi poteva almeno essere citato in sede di dibattito consigliare. Invece no. Nessuno può ostacolare lo sviluppo di Viterbo! Ma proprio questo “sviluppo” invocato è stato il presupposto e l’alibi per lo scempio. Ma allora di cosa stiamo parlando?

La discussione è pericolosamente nelle mani di una classe dirigente troppo vicina ad interessi privati – e stretta in una stretta economica da essa stessa causata -  per essere lungimirante ed avveduta. E’ urgente una discussione pubblica ed allargata ad esperti e cittadini, al mondo accademico ed a quello della cultura. E’ assolutamente urgente intervenire prima che sia troppo tardi.


 
Umberto Cinalli
Portavoce Verdi per la Pace del comune di Viterbo
Sinistra Arcobaleno

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