NARDO' - LECCE (UnoNotizie.it)

Al Signor Sindaco del Comune di Nardò (Lecce)
Al Signor Ministro dei Beni e Attività Culturali
Al Signor Presidente della Regione Puglia
Al Signor Presidente della Provincia di Lecce
Al Signor Presidente dell’Area Marina Protetta – Porto Cesareo
Al Signor Soprintendente per i Beni SS. AA. ed Etnoantropologici della Puglia - Bari
Al Signor Comandante della Capitaneria di Porto di Gallipoli (Lecce)


Il sottoscritto dr. Marcello Gaballo residente in Nardò (Lecce) alla Via Duomo n°51, già Ispettore Onorario per i Monumenti del Comune di Nardò, con la presente richiama l’attenzione sul grave stato di abbandono della torre costiera Torre Squillace (ante 1570), ubicata sulla costa del Comune di Nardò (Lecce), a ridosso dell’antichissimo porto San Giorgio, volgarmente denominata Scianuri. L’immobile in oggetto, sempre per interessamento dello scrivente, è stato sottoposto a vincolo con DM 1986.

Il prezioso monumento, del quale si allegano le note storiche ed alcune significative foto, è uno dei pochissimi esempi italiani di torre costiera “a pianta quadrata della serie di Nardò” (Faglia), quindi di particolare rilevanza architettonica.

Con la presente il sottoscritto denuncia la negligenza e l’incuria, che stanno privando il patrimonio storico ed architettonico della litoranea jonico-salentina di una delle più significative testimonianze.

Si richiede pertanto urgente intervento di salvaguardia, al fine di scongiurare l’imminente crollo dell’immobile, come documentano la gravissima frattura del coronamento superiore sinistro, della cortina muraria superiore e della merlatura, oltre il dissesto della scalinata lapidea e della finestra. Le piogge abbondanti hanno disgregato la struttura in più punti, con caduta di numerosi beccatelli e di buona parte del cordolo superiore, franando in più punti e rendendo sempre più fragile il cinquecentesco presidio. 

Si richiede altresì ogni tutela e provvedimento allo scopo di prevenire il degrado paesaggistico del litorale e dell’area circostante, favorendo la piena fruizione turistica della zona ed incentivando la promozione turistica del luogo,  in linea con le finalità e le condizioni previste dalla Convenzione di Barcellona, dalla normativa regionale, con particolare attenzione alle prescrizioni del Piano paesaggistico regionale.

Il sottoscritto si riserva di diffondere con ogni mezzo e ad ogni livello la grave situazione denunciata, anche impegnandosi a raccolte di firme e petizioni tra la popolazione, pur di adeguatamente sensibilizzare l’opinione pubblica del pericolo cui si va incontro perdendo l’antico presidio che domina il litorale omonimo, del quale è nel contempo indiscusso simbolo.
Si tratta di beni comuni che meritano la garanzia di salvezza, senza stare a constatare la loro decadenza, preconizzando la prossima fine.

Dr. Marcello Gaballo


 
Note storiche sulla torre Squillace, detta Scianuri, sul litorale di Nardò (Lecce)

Sul finire del XVI secolo la città di Nardò è un cantiere aperto e si registra il rifiorire di ogni attività edile pubblica e privata, civile e religiosa. I documenti già attestano la presenza di decine e decine di complessi masserizi, specie nelle vicinanze della foresta dell’Arneo, rinomato luogo di caccia per cervi e cinghiali per ricchi proprietari e cortigiani al servizio della celebre famiglia dei duchi d’Acquaviva d’Aragona, che aveva scelto di dimorare in città.
Ma la tranquillità dei luoghi viene turbata in questo quarto di secolo dalle continue scorrerie di orde di barbari e corsari, che dal mare possono sbarcare in un qualsiasi punto della estesissima costa, in particolar modo nel nostro distretto, costellato da numerosissimi insediamenti produttivi fortificati e non.
In obbedienza a quanto promulgato a Napoli nel 1563 e 1567, ci si preoccupa di difendere il pingue territorio con la fortificazione della costa, ricorrendo a collaudati sistemi di avvistamento come le torri, alcune delle quali anche adatte a fronteggiare sparuti manipoli di pirati assetati e famelici e perciò bisognosi di far provvista di acqua e viveri.
In tutto il regno sorgono le torri, più rade nei tratti di scogliera alta ed impervia, più ravvicinate in tratti di costa bassa, come nel tratto ionico di nostro interesse.
L’incremento maggiore si ha sotto il governo dei vicerè don Pedro da Toledo e don Pedro Afan de Ribera (1559-1571).  L’ordine di realizzarle, promulgato dalla Regia Camera di Napoli attraverso il suo presidente Alfonso de Salazar, avviene nel 1563, indirizzato ai regi ingegneri, che devono perciò erigerle su tutta la costa del regno, con il contributo delle universitas che distano meno di 12 miglia dal mare. Alcuni mastri giungono da Napoli nella nostra provincia, altri si formavano in loco, sino a diventare essi stessi i principali referenti della Regia Camera, come sono stati i neritini Vincenzo ed Angelo Spalletta, padre e figlio.
Furono essi i più abili costruttori, realizzando poderose torri a pianta quadrata, che dall’ architetto Faglia, massimo studioso del sistema torriero del Regno, sono classificate come torri “della serie di Nardò” (Fiume, S. Caterina, dell’Alto, Uluzzo, Inserraglio, S. Isidoro, Squillace, Cesarea, Chianca, Lapillo, Colimena).
La peculiarità di questa serie, oltre la pianta, è data dalla scala esterna, spesso aggiunta successivamente, la conformazione troncopiramidale, la presenza di caditoie (una o due per lato ed in corrispondenza delle aperture), la cornice toriforme marcapiano che divide la parete verticale da quella a scarpa, i beccatelli in leggero sbalzo, la cisterna nel piano inferiore e la zona abitabile in quello rialzato, la scala interna ricavata nel notevole spessore murario, la guardiola posta sulla terrazza.
Ad ogni torre era assegnato almeno un caporale e un cavallaro, entrambi stipendiati dall’università locale, ed ognuna di esse disponeva di un armamentario (un documento notarile elenca un  mascolo di ferro, uno scopettone, uno tiro di brunzo con le rote ferrate accavallato, con palle settanta di ferro).

La torre allora denominata Scianuri fu iniziata in località San Giorgio, in corrispondenza del porto omonimo, negli ultimi mesi del 1567, ma i lavori restarono fermi per oltre un anno a causa delle difficoltà finanziarie della competente università di Copertino. Risulta completata nel 1570, ad opera del mastro copertinese Pensino Tarantino, avendo richiesto circa ottomila ducati per la sua realizzazione. Sei anni dopo viene dotata di scale mobili e vengono completati gli infissi, registrandosi ulteriori spese sostenute ancora dai copertinesi, che nel frattempo avevano anche provveduto a retribuire i cavallari ad essa deputati.
Nel 1640 viene dotata della scala esterna in pietra, che ancora può vedersi, pur nel suo deplorevole stato.
Tralasciamo ogni altra notizia certa e documentata nel corso dei secoli, ricordando solo che la nostra torre nel 1707 ospita nelle sue prigioni sedici turchi, naufragati lungo la costa, per osservare la rigorosa quarantena prevista per scongiurare la peste.
Da un sopralluogo del 1746 viene attestato che non abbisogna di alcuna manutenzione, per essersi conservata molto bene.
Nel secolo successivo viene data in custodia alle guardie doganali (1820), quindi all’Amministrazione della  Guerra e della Marina  (1829). Nel 1940 i soldati dell’Esercito vi installano una postazione di artiglieria, rimasta attiva fino all’armistizio del 1949.
La torre, con quella di S. Caterina e del Fiume, è stata vincolata dal Ministero nel 1986, grazie alle pressanti segnalazioni del circolo culturale Nardò Nostra, che se occupò con una mostra itinerante e con una pubblicazione.

- Uno Notizie Nardò Lecce -

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