Terremoto L'Aquila, ultime notizie - Nell'ormai lontano 1999, l'allora sottosegretario dell Protezioni Civile Franco Barberi commissionò un lavoro di mappatura del pericolo terremoto nel Sud d’Italia all’Istituto di Ricerca sul rischio sismico.
L'obiettivo era censire edifici ubicati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia maggiormente a rischio in caso di terremoto.
Dai risultati si sarebbe stabilito le priorità di intervento necessarie per mettere in sicurezza quegli edifici.
Purtroppo questo lavoro venne lasciato nel dimenticatoio e rileggerlo oggi fa tanto di facile profezia.
La parte dedicata all'Abruzzo, infatti, parla anche de L'Aquila come di un centro ad alto rischio: quasi inesistenti le strutture costruite in acciaio, moltissime quelle in muratura, vecchi palazzi, pochi gli edifici sottoposti a valutazione.
Considerati molto a rischio ci sono per esempio il Conservatorio, la Prefettura, le due sedi universitarie, la Biblioteca provinciale, l’ex Accademia, e altre strutture che, in effetti, sono puntualmente strutture crollate col terremoto dello scorso anno.
Il censimento parlava chiaro anche per quanto riguarda il privato, oltre il 30% delle abitazioni erano considerate a rischio sismico.
La situazione della città de L'Aquila era talmente grave che era chiaro che doveva considerarsi prioritario intervenire sul capoluogo abruzzese.
Il capo della Protezione Civile abruzzese dell'epoca, l'ingegner Pierluigi Caputi, accompagnò il censimento con altra documentazione aggiuntiva che integrava il rapporto già pesante al fine di ottenere in fretta i fondi per la messa in sicurezza della città.
Tuttavia gli anni sono passati, e mentre il denaro pubblico viene destinato al Berlusconiano Ponte sullo Stretto di Messina, non si è fatto assolutamente nulla per risolvere l'emergenza, e i timori sono diventati realtà, storia, una storia triste, una storia che poteva (doveva) essere diversa.
Forse la cricca avrebbe riso di meno.
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