Il distretto industriale di Civita Castellana responsabile di gran parte del prodotto interno lordo (PIL) della Provincia di Viterbo è ancora in piena crisi. Si tratta di una crisi che coinvolge gran parte degli operatori del settore e dell’indotto e che affonda le proprie radici in una matrice molto complessa, costituita dalla recessione del settore edile, dalla competizione globale dei mercati, ed in parte da una mancanza di innovazione tecnologica.
Del problema si è molto discusso durante la recente campagna elettorale per l’elezione del Presidente della Provincia, purtroppo oggi sembra che l’argomento attiri minore interesse. E’ necessario, per rispetto di tutte le famiglie che ne vivono quotidianamente le conseguenze negative, riavviare il dibattito tecnico e culturale per proporre adeguate soluzioni. In diversi contesti ebbi modo di sottolineare come, nel quadro economico attuale, il rilancio del settore ceramico Civitonico necessitasse di interventi ben più lungimiranti di quelli urgenti per garantire una continuità delle forme di assistenza sociale. Interventi in grado di modificare profondamente una tradizione di imprenditoria locale, certamente di grande rilevanza storica e culturale per il territorio, ma oramai non più del tutto adeguata e competitiva.
In particolare, evidenziai la necessità di aumentare gli investimenti nell’innovazione tecnologica di prodotto e di processo al fine di caratterizzare un prodotto ceramico di alta qualità, facilmente identificabile sul mercato, ed in grado di garantire prestazioni superiori al consumatore. E’ giunto il momento di approfondire questi ragionamenti. L’innovazione tecnologica di prodotto significa la definizione dei parametri in grado di certificare sul mercato la qualità e l’origine della ceramica Civitonica. Un disciplinare interno, qualitativo e quantitativo, al quale tutti i produttori debbano attenersi. Un marchio specifico, limitato al settore ceramico locale, facilmente riconoscibile dal consumatore ed in grado di garantire elevate prestazioni.
L’innovazione tecnologica di processo significa l’ottimizzazione e lo sviluppo di filiere di produzione che minimizzino il consumo energetico ed impieghino energie alternative, per associare al prodotto finale un marchio verde amico dell’ambiente. Un marchio che sia anche garanzia della correttezza sociale di un ambiente industriale in cui il lavoratore sia salvaguardato nei suoi diritti.
Di fronte a questa proposta gli imprenditori devono giustamente chiedersi se gli investimenti necessari possano essere o meno compensati dal mercato.
Quale sarà quindi il futuro della ceramica? Le Nazioni Unite stimano che circa tre miliardi di persone, pari al 41% della popolazione mondiale, vivono senza avere accesso ai sistemi ed infrastrutture igieniche. Uno degli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio, recentemente approvati dall’assemblea generale dell’Onu, consiste nel dimezzare entro il 2015 il numero di persone prive di tali servizi, prevedendo un investimento di 11 miliardi di dollari l’anno.
Sarà la ceramica Civitonica in grado di vincere questa sfida proponendosi sul mercato in modo innovativo? Mi auguro di sì, anche se il tempo a disposizione non è molto e le cose da fare ancora tante.
Raffaele Saladino, IdV