Sakineh Mohammadi Ashtani, la donna iraniana accusata di adulterio e di complicità nell’omicidio del marito, sarà giustiziata con impiccagione. Ad annunciarlo il procuratore generale dell’Iran, Gholam-Hossein Mohseni-Ejei, il quale afferma che la donna è stata condannata per il secondo dei due capi d’imputazione e pertanto la morte non avverrà più per lapidazione, punizione prevista dalla legge islamica.
Immediata la reazione della responsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti, Patrizia Lusi: “La condanna a morte di Sakineh è solo l'emblema di un sistema giudiziario, quello iraniano, che parte da una discriminazione di fondo tra i generi. La comunità internazionale non può rimanere impassibile di fronte a processi sommari celebrati contro le persone di sesso femminile per le quali sono individuati dei reati specifici diversi da quelli attribuiti a quelle di sesso maschile. L'intervento della comunità internazionale deve essere rivolto nei confronti di tutti i paesi che applicano ancora la pena di morte e lo stesso presidente degli Stati Uniti d'America, che è stato insignito del premio Nobel della Pace, dovrebbe intervenire con forza per evitare tale violenza ai diritti umani”.