….alcune note un po' tristi, un uomo politico che ho conosciuto e rispettato in passato il 16 dicembre u.s. se ne é andato... si tratta di Luigi Daga. Un esponente del vecchio PCI, poi confluito nel PDS, che fu consigliere regionale ed anche assessore nel Lazio.
Successivamente fu compagno e portavoce di Achille Occhetto, il fondatore del PDS esautorato dal “deputato di Gallipoli” (sapete chi è vero?).

Ma Luigi Daga, lasciando Tarquinia la  città di cui fu anche “primo” cittadino, è semplicemente “andato avanti” nella regione dove tutti lo raggiungeremo. In quel luogo di giudizio lui non avrà nulla da rimproverarsi, poiché lui sino all'ultimo è stato coerente con le sue idee e con se stesso. Ad esempio quando era diventato assessore regionale per il rinnovo delle istituzioni, sotto Badaloni, allorché si accorse che non poteva minimamente operare  quel cambiamento auspicabile e che tutte le sue proposte venivano bocciate (dalla segreteria politica del “baffetto” che manovrava il timone sotto coperta), non esitò a dimettersi (come per altro aveva fatto degnissimamente il suo compagno Achille Occhetto).

Le sue dimissioni da assessore regionale fecero scalpore perché  già si stava affermando in politica l'uso malsano che chi  accaparra una poltrona ci si incolla sopra, costi quel che costi.. (vedi  i fatti recenti in parlamento).

E quali erano le innovazioni che Luigi Daga proponeva alla Regione Lazio? Tanto per cominciare il decentramento amministrativo, sotto forma anche di riaggiustamento delle competenze e delle delimitazioni territoriali. Daga fu il primo uomo politico ad appoggiare apertamente le idee bioregionali del  far combaciare le aree omogenee e le matrici culturali con gli ambiti delle province storiche. Apertamente, contro tutti, caldeggiò la riaggregazione della Tuscia storica unificando i suoi territori smembrati durante il fascismo e suddivisi tra la Provincia di Roma e quella di Viterbo (senza dimenticare Orvieto e la Maremma).

Il suo sogno era di veder la Tuscia risorgere e riacquistare integrità territoriale e culturale oltre che economica... e la stessa cosa auspicava per la Sabina e per gli altri territori che erano stati penalizzati per favorire la crescita smisurata di Roma. Insomma le sue idee avrebbero condotto il Lazio verso un vero federalismo bioregionale, compensando Roma con lo status amministrativo di Città Regione / Capitale.

Ricordo tra l'altro che a suo tempo fu uno dei promotori della variazione della legge che condannava il borgo di  Calcata all'abbattimento e contribuì, assieme a Primo Mastrantoni, altro benefattore di Calcata,  a formulare una nuova Legge Regionale che prevedeva il recupero dell'abitato storico e concedeva il “diritto” aisuoi riabitanti di esserne cittadini a tutti gli effetti. Anche questa del “riabitare” pienamente i luoghi è uno degli indirizzi bioregionali, che non riconoscono l'etnia come primaria (il contrario del federalismo bossista) bensì considerano la piena adesione al luogo ed alla comunità, indipendentemente dall'origine etnica.

La sua battaglia emendatrice della politica, trascorsa l'esperienza in Regione, continuò, nei limiti del possibile, nella sua Tarquinia ove combatté sino all'ultimo contro lo sperpero e la corruzione e contro la mancanza di trasparenza e l'amoralità politica.

Mi duole che siano spesso i migliori a lasciare questo mondo... ma allo stesso tempo son lieto che “andando avanti” (e qui intendo in ogni senso) uomini come Luigi Daga abbiano fornito un esempio e stabilito con la loro condotta le pietre miliari di una nuova società.


Voglio accomunare al ricordo di Luigi Daga anche l'ignoto barbone che non ha potuto trovare umana accoglienza a Viterbo, morendovi nottetempo nel gelo.

Per significare come la classe politica ed amministrativa della Tuscia abbia ancora molto da apprendere in fatto di “coscienza etica”.....

Paolo D'Arpini, portavoce della Rete Bioregionale Italiana


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