FIAT, INTERVISTA ALL'EX LEADER DELLA CISL CARNITI: ''spero Cgil Cisl Uil trovino via d’uscita''
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Torino - C’e’ da augurarsi che il tempo previsto di 18 mesi sia usato bene dalle organizzazioni sindacali per tornare a parlarsi e trovare una via d’uscita: il referendum, di per se, non ha risolto i problemi della Fiat in quanto non basta produrre piu’ auto, bisogna poi venderle, raddoppiare la produzione e quindi l’uso degli impianti deve esser contestuale al raddoppio dei clienti.

A parlare dell’accordo separato, non e’ il primo, alla Fiat e’ l’ex-leader della Fim e della Cisl Pierre Carniti, protagonista con Bruno Trentin e Giorgio Benvenuto dell’autunno caldo (1969) che porto’ il primo contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici e le 150 ore di formazione continua, e poi della vertenza Fiat dell’80, conclusasi con la ‘disfatta’ del sindacato davanti alla marcia dei 40 mila operai ed impiegati che volevano tornare a lavorare ma anche di molti cittadini torinesi stanchi di una citta’ messa a sottosopra da ’35 giorni’ di scioperi, blocchi delle portinerie, picchetti ai cancelli e di morti ammazzati dalle Brigate Rosse.

“Di errori allora ne sono stati fatti troppi, tanto da restare isolati dalla citta’  – ricorda Carniti – Non si venne a capo della lacerante contrapposizione tra sindacato torinese e sindacato nazionale e tra quest’ultimo e la politica fino al comizio di Enrico Berlinguer trascinato li’ ad assicurare l’appoggio del Pci se si fosse occupata la Fiat: come si dice abbocco’ all’amo. Ma oggi non e’ la stessa situazione, sono due vertenze diverse: non mi pare che siamo di fronte a 35 giorni sciopero!”. La lacerante contrapposizione di allora tra il sindacato locale e quello nazionale come tra il sindacato nazionale e la politica, fu tutta una questione interna alla Fiom e alla Cgil da una parte e a al Pci dall’altra. “Quella situazione dell’80 oggi non c’e’ – osserva Carniti - Oggi pero’ il piano industriale della Fiat e’ coperto da un ‘segreto militare’ ben custodito e c’e’ un Governo totalmente assente ed assolutamente inconsistente, senza uno straccio di politica industriale, oggi c’e’ stata solo una presa d’atto delle enunciazioni aziendali”.

E lo stesso dicasi per la politica. “Certo il Partito Democratico non ha offerto un bel spettacolo – precisa Carniti - Si e’ diviso perche’ i sindacati si sono divisi, ma obiettivamente non ha responsabilita’ alcuna, dal momento che non e’ titolare della politica industriale del Paese e non e’ andato a Mirafiori: viviamo in un contesto mondiale in cui la Politica e’ debole rispetto alla Finanza e questo ‘gap’ da noi e’ ancora piu’ vistoso essendo il Governo in tutt’altre faccende affaccendato”.


Ma torniamo all’accordo separato. “Quel che non e’ condivisibile ed accettabile e’ prevedere obblighi per una parte, i lavoratori, come la clausola di responsabilita’ in materia di scioperi o il maggior gravame sulle condizioni lavoro, senza alcun obbligo per l’azienda –  continua Carniti – salvo l’affermazione di un investimento (uno, due miliardi di euro) senza una tempestica correlata, senza poi, ed e’ il fatto piu’ grave, l’esplicitazione del piano industriale: nuovi modelli, si dice, ma dove? E in quali tempi? E i motori dove si fanno? Chi li fa? Si parla di raddoppio della produzione, l’uso degli impianti passa dal 40 a oltre il 90% della capacita’. Bene, e poi dove si vendono, chi compra queste auto? E se non si vendono cosa succede? Si chiudono gli impianti e si licenzia la gente? Queste domande attendono una risposta precisa, che puo’ derivare solo dal piano industriale sul quale, ripeto, vige un segreto militate ben custodito”.

E cosa avrebbe dovuto o potuto fare il Governo? “Il Governo? E’ inesistente, occupato da ben altre questioni che con il lavoro non c’entrano proprio! A sentire Berlusconi e Sacconi si resta a dir poco sconcertati e basiti”, risponde di getto Carniti. Poi si riprende e da’ una risposta. “Per come oggi e’ messa la Politica nel mondo neanche Obama riesce a spuntarla sulla Finanza – nota – Pero’ se il Governo non fosse distratto da ben altre questioni, escort e modelle, avrebbe potuto incalzare la Fiat non solo sul piano industriale ma di fronte all’aut aut aziendale ‘o cosi’ o vado all’estero’ avrebbe potuto mettere sul tavolo la quota di mercato italiano pari al 25% rispetto al 7% in Europa: con un po’ di fantasia, insomma, avrebbe potuto incalzare la Fiat a mettere tutte le carte sul tavolo. Ma e’ chiedere troppo ad un Governo che ha ben altre cose in testa!”.

Un ultimo quesito, come se ne esce? Da consumato ‘lupo di mare’ qual’e’, Carniti un’idea minima ce l’ha. “Spero che la Camusso, Bonanni e Angeletti trovino il modo di sedersi attorno al tavolo, di parlarsi tra loro, per escogitare, da sindacalisti, una via d’uscita. Per fortuna di tempo a disposizione ne hanno a sufficienza: 18 mesi non sono pochi”, conclude Carniti. 

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