“L’epilogo della vicenda Alitalia conferma purtroppo che nel nostro Paese il mondo del lavoro si divide in due categorie: una protetta e ipergarantita, l’altra che si confronta con la concorrenza ed il mercato, senza ‘paracadute’ e senza ammortizzatori”.
E’ la posizione espressa da Confartigianato secondo la quale “lo slogan ‘meglio falliti’ urlato dai dipendenti Alitalia è una perfetta sintesi di questa situazione e suona come un insulto alle orecchie di chi subisce un vero fallimento in una vera economia di mercato. Si pensi a quelle migliaia di piccole imprese, e ai loro dipendenti, che dopo aver lottato strenuamente per rimanere competitivi, falliscono davvero, magari a causa dei ritardi di pagamento da parte di clienti e fornitori. Nessun clamore e nessuna visibilità sulle prime pagine dei giornali. I loro fallimenti si consumano nel silenzio e senza prospettive di cassa integrazione o prepensionamenti. L’unica speranza consiste nel rimboccarsi le maniche e ricominciare”.
Anche secondo il Segretario De Simone “il caso Alitalia impone di ristabilire il senso della realtà. C’è un’Italia delle imprese che, insieme ai loro dipendenti, rischiano davvero ogni giorno per creare reddito, per fare ricerca e innovazione, per esportare la qualità dei prodotti italiani. Questa Italia non comprende un fallimento ‘sul velluto’ come quello di Alitalia i cui costi ricadono su tutti i cittadini. Gli imprenditori che sentono la responsabilità di creare benessere per se stessi e per i loro dipendenti tollerano sempre meno le imprese assistite, le situazioni di protezionismo mascherato in cui si premiano le rendite di posizione anziché le persone che rischiano in proprio e accettano le sfide della concorrenza e del mercato”.
“Mi auguro - conclude De Simone - che il caso di Alitalia e dei suoi dipendenti serva da lezione. Il clamore intorno a questa vicenda dovrebbe produrre la consapevolezza che il Paese non può più permettersi lavoratori di serie A e di serie B e che non è possibile perpetuare privilegi sindacali i cui costi vengono pagati dalla collettività. Non ci si può illudere di restituire competitività al Paese e al nostro sistema imprenditoriale senza affrontare e risolvere i problemi creati dalle numerose sacche di monopolio, esercitato anche da parte di aziende non più pubbliche, dalle nicchie di mercato protette, dalle liberalizzazioni ‘incompiute’ nei servizi pubblici che costano un prezzo troppo alto a cittadini e imprenditori”.

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