RICORDANDO GIOVANNI FALCONE. Era il 23 maggio 1992: Giovanni Falcone e gli uomini della scorta furono barbaramente uccisi dalla mafia. Ultime notizie Italia - Roma - Quel giorno Falcone stava tornando da Roma, come era solito fare nei fine settimana.
Appena sceso dall'aereo, Giovanni Falcone si sistema alla guida della Croma bianca, ed accanto prende posto la moglie Francesca Morvillo, mentre l'autista giudiziario Giuseppe Costanza va ad occupare il sedile posteriore. La sua auto è scortata da due altre automobili, una davanti e una dietro quella del magistrato.
Le auto lasciano l'aeroporto imboccando l'autostrada in direzione Palermo.
Otto minuti dopo, alle ore 17:58, presso il Km.5 della A29, una carica di cinque quintali di tritolo posizionata in una galleria scavata sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine viene azionata per telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina. L'esplosione investe in pieno solo la prima auto del gruppo, scaraventandone i resti oltre la carreggiata opposta di marcia, i tre agenti di scorta muoiono sul colpo.
La seconda auto, la Croma bianca guidata dal giudice, si schianta invece contro il muro di cemento e detriti improvvisamente innalzatosi per via dello scoppio. Falcone e la moglie, che non indossano le cinture di sicurezza, vengono proiettati violentemente contro il parabrezza. Falcone, che riporta ferite solo in apparenza non gravi, muore dopo il trasporto in ospedale a causa di varie emorragie interne.
Rimangono feriti gli agenti della terza auto, la Croma azzurra, che infine resiste, e si salvano miracolosamente anche un'altra ventina di persone che al momento dell'attentato si trovano a transitare con le proprie autovetture sul luogo dell'eccidio.
La detonazione provoca un'esplosione immane ed una voragine enorme sulla strada. In un clima irreale e di iniziale disorientamento, altri automobilisti ed abitanti dalle villette vicine danno l'allarme alle autorità e prestano i primi soccorsi tra la strada sventrata ed una coltre di polvere.
Non solo la mafia aveva interesse a eliminare Giovanni Falcone - ha affermato Piero Grasso - lui non voleva combattere la mafia e l'illegalità a metà, le voleva eliminare dalle fondamenta. Voleva tagliare le relazioni tra la mafia e gli altri poteri. E su questo le indagini sono ancora attuali. Falcone era il nemico numero uno della mafia, ma era inviso anche a tanti centri di interesse. Era un personaggio scomodo per il suo impegno per il recupero della legalità che urtava gli interessi di troppa gente", ha continuato Grasso. "Falcone e Borsellino - ha aggiunto - sono i miti, i punti di riferimento che mi aiutano nei momenti di sconforto. Falcone non si sarebbe accontentato di ridimensionare la mafia, ma voleva aggredire la specificità che rende la mafia un soggetto che partecipa al potere anche con le sue relazioni esterne".