NUCLEARE, REFERENDUM 12 E 13 GIUGNO 2011, 10 buone ragioni per votare contro il nucleare. Ultime  notizie Roma - Il 12/13 giugno saremo nuovamente chiamati al voto sul nucleare, a 24 anni di distanza dal primo plebiscitario referendum popolare sull'atomo.

Per chi si è già espresso nel 1987 sarà probabilmente facile (per non dire scontata!) la scelta a cui è richiamato oggi, riconfermando il proprio orientamento di voto.

Così, invece, non è per le nuove generazioni “de-ideologizzate” che nel frattempo sono cresciute, chiamate per la prima volta a “formarsi un'opinione” su un tema così complesso e delicato.



Il principale ostacolo per chiunque voglia informarsi in maniera obiettiva sul nucleare è costituito dalla cronica “rozzezza” e superficialità dell'informazione italiana (specie televisiva), il più delle volte qualificabile:

- “insufficiente” (quanti telespettatori conoscono con esattezza i quesiti referendari?);

- “contraddittoria” (quante volte si sentono riportare analisi o citare dati tra loro inconciliabili, senza che un conduttore imparziale aggiunga una mezza parola di "verità"?);

- e “faziosa” (quante volte opinionisti ed esperti -o presunti tali!- danno l'impressione di abbracciare o rifiutare “acriticamente” una tesi solo in base alla propria appartenenza ideologica?).



Questo dossier antinucleare si rivolge proprio a chiunque voglia informarsi in maniera lucida e disincantata sui “pro” ed i “contro” del nucleare, nella speranza di contribuire a spazzar via alcuni dei più diffusi “luoghi comuni” alimentati ad arte da una certa propaganda.

In ultima analisi, cercheremo di rispondere alle domande di fondo cui tutti saremo chiamati il 12/13 giugno:

1- Quanto la scelta energetica nucleare rappresenta un'opportunità e quanto una minaccia per l'Italia?

2- E come rispondere alla crescente domanda di energia del Paese?





NUCLEARE? LA SCELTA SBAGLIATA!

ECCO "10" MOTIVI PER ESSERE CONTRARI ALLA "RISPOSTA ATOMICA"...





PRIMO:

IL NUCLEARE E' “PERICOLOSO”!



Non esiste (e probabilmente non esisterà mai...) alcun nucleare “sicuro”!

A sostenerlo è un italiano d'eccezione, il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, per il quale vi è addirittura un calcolo delle probabilità per cui “ogni cento anni un incidente nucleare è possibile”!



Il 26 aprile 1986 l'Umanità intera ha conosciuto il volto peggiore dell'energia atomica: il più grande incidente nucleare della storia, l’unico di livello massimo ad oggi verificatosi (livello 7 nella scala INES).

Tutti, allora, hanno potuto vedere con i propri occhi (per il tramite delle immagini sconvolgenti che le televisioni trasmettevano da Cernobyl) gli effetti di un'esplosione nucleare: la fuga di nubi di materiali radioattivi da un reattore, con conseguente contaminazione dell'ambiente circostante (reso irreparabilmente “invivibile” per migliaia di anni!).

Le nubi di Cernobyl, spinte dai venti, hanno addirittura raggiunto i cieli di mezza Europa: l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia!

Secondo il rapporto 2006 del “Cernobyl Forum” (organismo dell'Onu comprendente, tra le altre, l’IAEA, la FAO, la Banca Mondiale e l’OMS), sarebbero legati con ragionevole certezza all’esplosione di Cernobyl almeno:

- 65 morti dirette;

- 4.000 casi di tumore alla tiroide (sviluppatisi tra il 1987 ed il 2005 nella sola popolazione compresa tra i 0 e i 18 anni);

- ed altri 4.000 casi di tumori e leucemie (che si stima si svilupperanno ancora nell'arco dei prossimi 80 anni).

Il gruppo del Partito dei Verdi Europeo, in realtà, ha contestato tali dati e stilato un rapporto alternativo, denominato TORCH (ovvero “The Other Report on Chernobyl”), il quale stima ulteriori 9.000 morti presunte:

- 4.000 fra i liquidatori, gli evacuati e la popolazione di Cernobyl;

- e 5.000 fra la popolazione residente in aree più debolmente contaminate.

Un rapporto di Greenpeace, invece, fornisce addirittura la stima di 100.000/270.000 vittime, fino ad arrivare alla cifra di “6 milioni” di morti per tumore fra tutta la popolazione mondiale!

I più accesi sostenitori del nucleare tendono a “sminuire” queste apocalittiche stime e a sottolineare, in ogni caso, come le vittime dirette dell'incidente sarebbero poche decine (solo 65), mentre la grandissima parte dei pazienti che hanno effettivamente contratto tumori sarebbero ancora vivi (come a dire: "c'è sempre di peggio che ammalarsi di tumore!").

Ma l'adozione del semplice “principio di precauzione” non imporrebbe una maggiore cautela nel propagandare certe “sicurezze” sul nucleare?



Dal 1987 i difensori dell'atomo hanno propagandato la tesi per la quale un'altra Cernobyl sarebbe stata “irripetibile”: tutte le centrali del mondo, difatti, sarebbero state dotate di nuovi e rafforzati sistemi di sicurezza sviluppati proprio sulla base degli errori umani e tecnici commessi nell'ex centrale sovietica.

La tragedia giapponese di Fukushima del marzo scorso, purtroppo, è l'amara controprova di una incontestabile verità: non esiste alcuna tecnologia nucleare al momento in grado di escludere "in termini assoluti" il rischio di incidenti (legati a errori umani, a disfunzioni tecniche, a calamità naturali... o ad atti terroristici!).

Come dubitarne, del resto, nel momento in cui persino l'avanzatissimo Paese del Sollevante si è trovato del tutto “impreparato” di fronte ad uno dei tanti terremoti che lo colpiscono frequentemente (ma più intenso del comune...) e ad una delle tante onde anomale che lo tormentano da sempre (ma più alta del previsto)?!

A Fukushima la concomitanza di due calamità naturali (un terremoto ed uno tzunami) hanno reso “ingovernabili” ben tre reattori: ad oggi si è reso impossibile persino il recupero dei corpi delle vittime presenti nelle aree più vicine alla centrale a causa degli eccessivi livelli di radioattività!



I nuclearisti ripetono a piè sospinto che l’altissima densità di reattori già presenti sul territorio francese e su quello inglese testimonia come si possa convivere con il nucleare con tutta tranquillità...

Cernobyl prima, Fukushima adesso, in realtà, sono soltanto gli episodi più eclatanti di una lunga catena di incidenti susseguitesi nell'arco della breve storia del nucleare: ogni anno (senza che se ne dia nemmeno notizia alla pubblica opinione, trattandosi di notizie spesso tenute segrete dalle autorità) sono innumerevoli gli incidenti di minore portata che avvengono negli oltre 400 reattori disseminati in tutto il mondo!

Per l'esattezza, negli ultimi 50 anni sono stati ben “130” gli incidenti nucleari verificatisi!

Nella vicina Francia solo nel luglio del 2008 si sono verificati ben 4 incidenti che hanno comportato rilascio di sostanze radioattive nell'ambiente o contaminazioni ad esseri umani, dovuti a una catena di malfunzionamenti e di negligenze umane (fonte: UNEP Year Book 2009, United Nations Environment Programme).



Dopo i fatti dell'11 settembre e l'escalation terroristica mondiale, poi, un interrogativo dovrebbe destare la massima “allerta”: gli impianti nucleari sono davvero "sicuri" contro ogni possibile attacco terroristico?

Se la British Nuclear Fuel definisce semplicemente “inimmaginabile” lo scenario di un aereo che si schianta su una centrale, il MIT (“Massachusetts Institute of Technology”), invece, si è mostrato di diverso parere, affermando che il livello a cui gli impianti nucleari possano essere in grado di resistere a possibili attacchi terroristici deve ancora essere attestato!



La propaganda nuclearista si fa forte della constatazione per cui le cd. centrali nucleari di quarta (o ultima) generazione sarebbero molto più sicure che quelle costruite in passato.

Quello che si omette “volutamente” di ricordare, però, è che:

- le centrali che il Governo vorrebbero costruire in Italia non sono affatto di quarta generazione, bensì solo di terza;

- anche la centrale di Cernobyl, a suo tempo, era considerata “sicura”;

- anche il Giappone, prima dell'incidente di Fukushima, era considerato una delle potenze nucleari più “affidabili”;

- il rischio statistico di incidenti, anche se ridotto grazie ai progressi della tecnologia, è in sé “ineliminabile”;

- e le centrali di ultima generazione, anche se riducono il rischio di incidenti, nel caso questi si verificassero produrrebbero effetti ancora più “disastrosi” che le vecchie centrali! Lo denuncia un'inchiesta del quotidiano britannico “The Independent”, che ha rivelato il contenuto di alcuni documenti di natura industriale provenienti dalla azienda francese Edf (la stessa che ha sottoscritto un accordo con l'Enel per la costruzione di centrali nucleari in Italia) in base ai quali le centrali di quarta generazione, nel caso di incidente, causerebbero una fuoriuscita di radiazioni più consistente e pericolosa che in passato (si stima che le perdite umane potrebbero essere “doppie” rispetto a quelle di Cernobyl!).



I sostenitore del nucleare, puntando tutto sullo spirito di “rassegnazione” della pubblica opinione, ripetono ossessivamente che, nonostante l’Italia abbia chiuso col nucleare dal 1987, sono ben 13 le centrali straniere presenti ad un passo da casa nostra (a meno di 200 km!), tra la Francia, la Svizzera, la Germania e la Slovenia.

Tutto vero, purtroppo...

Ma ha senso immaginare di reagire alla paura di incidenti nucleari oltreconfine costruendo centrali anche in casa nostra, così finendo col rendere questa tragica possibilità ancor più statisticamente probabile?!

Inoltre va considerato anche il fatto che:

a- le conseguenze di un incidente nucleare si riducono all'aumentare della distanza dalle centrali (come dimostra il caso Fukushima, dove è stata disposta l'evacuazione della popolazione solo entro i 50km dall'incidente!);

b- ed, inoltre, in caso di incidente oltreconfine le nostre Alpi (come dimostrato dal caso Cernobyl) rappresentano comunque una parziale barriera naturale contro l'avanzamento di nubi radioattive!

Perché privarsi anche di quest'ultimo, flebile “baluardo”?!





SECONDO:

IL NUCLEARE PRODUCE SCORIE “INELIMINABILI”!



I nuclearisti considerano l'atomo una fonte d'energia “pulita” (un'ottima alternativa ai combustibili fossili) per il semplice fatto che non produce “gas serra”.

Ciò è vero, fatto salvo il particolare di non poco conto per cui le centrali atomiche generano anch'esse prodotti di scarto: le "scorie nucleari", elementi altamente nocivi per l'uomo e per l'ambiente che possono conservare alti livelli di radioattività per migliaia di anni!

Verrebbe, così, da dire che, se il nucleare è una fonte d'energia che non ha futuro, le sue scorie di futuro (radioattivo) ne hanno fin troppo!



Attualmente non esiste alcuna soluzione valida e definitiva al problema dello stoccaggio e della gestione in sicurezza delle scorie nel lungo periodo (la scienza non è in grado né di distruggerle né di accelerare i periodi di decadimento della loro radioattività).

Nonostante tutto il problema resta: le scorie prodotte vanno in ogni modo conservate per migliaia di anni!



La soluzione per cui hanno optato gli Usa è l’immagazzinamento delle scorie in profondità, in appositi depositi (vere e proprie “discariche nucleari”) scavati tra le rocce a 5 km di profondità.

Tappezzare il Pianeta di “discariche radioattive” sotterranee, però, non può essere la soluzione definitiva, non offrendo adeguate garanzie di sicurezza: in un Pianeta in continua trasformazione quale il nostro e sottoposto a incessanti stravolgimenti, cosa ci rende sicuri del fatto che le cave sotterranee così create rimarranno indenni ed intatte per millenni?

Alcuni geologi americani, piuttosto, hanno lanciato un preoccupato allarme in merito alla sicurezza di tali depositi sotterranei: l’innalzamento esponenziale ed inarrestabile della temperatura del sottosuolo rischierebbe, nel medio-lungo termine, di causare un’esplosione dei fusti nucleari dovuta al loro eccessivo surriscaldamento!

Questo è un rischio (anche solo potenziale) che possiamo correre?!



Anche l'Italia ha una sua “eredità nucleare”: “60 mila metri cubi” di scorie frutto dell'attività delle sue vecchie centrali, tutte chiuse negli anni ’80.

Ancor oggi gli Italiani pagano un prezzo per l'avventata scelta nuclearista fatta a suo tempo dal Paese: “50 milioni di euro” è il costo annuo a carico dello Stato italiano per la loro conservazione delle sue scorie (costo che paghiamo tutti alla voce A2 della bolletta dell'Enel!).

Come immaginare un “ritorno al nucleare” quando in Italia è ancora irrisolto il problema dello stoccaggio dei rifiuti delle centrali degli anni ‘60?!





TERZO:

IL COMBUSTIBILE NUCLEARE E' DESTINATO AD ESAURIRSI!



L'uranio è il principale “combustibile nucleare” (l'elemento naturale alla base del processo nucleare).

Purtroppo è un elemento (al pari dei combustibili fossili) “limitato” in natura, perciò destinato ad esaurirsi negli anni (ad un ritmo crescente all'aumentare della domanda nucleare).

Non esistono stime ufficiali sull’estrazione annuale di uranio (dati tutti coperti dal segreto militare o di Stato) ma, secondo un rapporto dell’“Energy Watch Group” (istituito da un gruppo di parlamentari tedeschi con la partecipazione di scienziati ed economisti), l’uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni (entro il 2050!).



A questo insanabile inconveniente i sostenitori della scelta nucleare obiettano che:

1- i reattori di quarta generazione (“autofertilizzanti”) sarebbero in grado di moltiplicare la capacità di utilizzo dell’uranio;

2- e i reattori al “torio 232” utilizzano come combustibile un elemento naturale ampiamente diffuso sulla superficie terrestre, tanto da permettere un'autonomia energetica di oltre 200 anni.

Resta, in ogni caso, un'ovvia constatazione da fare: le centrali nucleari la cui costruzione è prevista in Italia sono solo di terza generazione (niente a che vedere, dunque, con le centrali di ultima generazione -che non entreranno in servizio prima che tra trent’anni- o con quelle al torio -che esistono solo in forma sperimentale!-).

E’ razionale, lungimirante, conveniente, allora, elaborare piani energetici futuri sulla base di una materia prima “senza futuro”?!





QUARTO:

IL NUCLEARE E' “ANTIECONOMICO”!



Prescindendo dai rischi e pericoli connessi a tale scelta, investire sull'energia nucleare è economicamente conveniente (e sostenibile)?

Se analizziamo gli enormi costi connessi la risposta è una sola: “No”!



Quando si parla di “costo del nucleare”, difatti, spesso si commette un imperdonabile errore (o “mistificazione!): riportare un solo dato, ossia il costo attuale di 1 KW di energia elettrica prodotto tramite il nucleare (che risulterebbe più conveniente rispetto a un pari KW prodotto tramite qualsiasi altra fonti di energia rinnovabile...).

Questo dato, però, rivela solo una mezza (per non dire “falsa”!) verità: fa riferimento ai soli costi “attuali” (di costruzione e funzionamento delle centrali) senza tener conto anche dei costi “futuri” che la scelta nucleare ineluttabilmente comporta, quali:

1- il costante e progressivo aumento del prezzo del combustibile nucleare, legato al progressivo esaurirsi in natura dell'uranio (di contro, il costo dell'energia rinnovabile, oggi elevato, potrà considerevolmente ridursi negli anni grazie alla sua diffusione su larga scala, ad adeguate politiche governative di incentivo ed all'utilizzo di nuovi impianti funzionanti con tecnologie oggi solo in fase di sviluppo ma domani possibilmente disponibili!);

2- ed i costi futuri di dismissione e smantellamento degli impianti nucleari e di gestione e conservazione delle scorie prodotte!

Per farsi un'idea, basti pensare che:

- smantellare una centrale può costare da 400 milioni di euro (per un reattore raffreddato ad acqua da 1000 MW) fino a “2 miliardi di euro” (per i reattori raffreddati a gas);

- mentre smaltire le scorie radioattive è costato ad oggi agli Stati Uniti qualcosa come “5,4 miliardi di euro” soltanto in studi e progetti di fattibilità per individuare i siti di stoccaggio adeguati (mentre si prevede che la ricerca, costruzione e messa in opera del sito individuato finora, nel deserto del Nevada, costerà diverse “decine di miliardi di euro”, secondo le stime del Dipartimento dell'Ambiente degli Stati Uniti).



L’industria nucleare, in conclusione, è un'impresa “anti-economica” (destinata ad operare “in perdita”), essendo elevatissimi:

I- sia i costi “preliminari” (di realizzazione degli impianti, stimati in almeno 5 miliardi di euro per ogni centrale);

II- sia i costi “attuali” (di gestione delle centrali);

III- sia i costi “futuri” (di smantellamento e bonifica degli impianti al termine della loro breve attività e di gestione e deposito delle scorie).

Tutti costi, per intendersi, destinati a pesare sulle tasche della collettività (sulle generazioni future!), non essendo sostenibili da nessuna azienda privata (l'intervento dello Stato a copertura delle spese risulta inevitabile!).

Qual'è il vantaggio per le famiglie, allora, di ricorrere al nucleare?!





QUINTO:

LOCALIZZARE IMPIANTI NUCLEARI IN ITALIA RISULTA UNA "MISSION IMPOSSIBLE"!



L'Italia (stretta penisola densamente popolata, altamente sismica e geologicamente instabile) risulta un territorio idoneo all'installazione di impianti nucleari "in piena sicurezza"?

Prima di Fukushima, probabilmente, si sarebbe detto di si pensando all'esempio del Giappone...

E adesso?

Secondo gli esperti, l'unica regione sismicamente sicura d'Italia risulterebbe la Valle Padana.

Ma il popolo della Lega sarà disponibile a trasformare le proprie verdi valli in una “polveriera nucleare”?!



I cittadini italiani sarebbero disponibili ad accettare la realizzazione di centrali alla periferia delle proprie città?

Ricordando le veementi proteste di popolo avutesi in Campania contro la costruzione di nuove discariche, a Vicenza contro l’ampliamento di una base militare ed in Val d'Aosta contro la costruzione della Tav (che hanno richiesto finanche l'intervento dell'esercito!), qualcuno osa immaginare come reagirebbero le comunità locali alla notizia della costruzione di una centrale nucleare o di un deposito di scorie radioattive?!



Infine, gli amministratori locali di quegli stessi partiti di governo fautori del “ritorno all'atomo” sarebbero disponibili, come logica coerenza, ad accogliere nei propri territori un impianto nucleare?!

E' stato sufficiente, in realtà, che il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, prefigurasse la probabilità di costruire una centrale in Lombardia perché si alzasse una "levata di scudi" da parte dei governatori Formigoni (Pdl) e Cota (Lega), seguiti a ruota da tutti gli altri presidenti di regione del centrodestra!

Ma come può il Governo credere di convincere gli Italiani della “bontà” della propria scelta nucleare se non appare in grado nemmeno di convincere i propri rappresentanti nel territorio?!





SESTO:

LA REALIZZAZIONE DI UNA CENTRALE NUCLEARE RICHIEDE TEMPI LUNGHISSIMI!



L'IAEA stima i tempi di costruzione di una centrale nucleare in 5 anni.

Tale dato, però, non deve trarre in inganno: il tempo “effettivo” di realizzazione degli impianti è molto maggiore!

Aggiungendo il tempo necessario a ottenere permessi, autorizzazioni e valutazioni di impatto ambientale nonché quello per i lavori di connessione alla rete elettrica, difatti, i tempi reali si attestano in media sui “200 mesi” (16,6 anni!).



Se, dunque, ipoteticamente i lavori esecutivi delle quattro centrali prospettate dal Governo iniziassero domani mattina (e sempre se fossero rispettati dalle imprese esecutrici i tempi previsti per la consegna dei lavori ed i costi preventivati), queste entrerebbero in funzione “non prima del 2027”!

Il tutto per soddisfare solo il “5/6% del fabbisogno energetico nazionale”!

Cui prodest”?!

Bastano questi numeri per ritenere il piano nucleare del Governo una pura e semplice “follia”!





SETTIMO:

IL NUCLEARE NON GARANTISCE ALCUNA “INDIPENDENZA ENERGETICA”!



Anche qualora il nucleare si realizzasse, l'Italia:

1- continuerà ad aver bisogno d'importare dall'estero petrolio per i trasporti e gas per i riscaldamenti (il nucleare, difatti, produce solo elettricità e non viene usato per alimentare il settore dei trasporti ed il riscaldamento degli edifici. Lo dimostra il fatto che la Francia, leader nel settore nucleare, ha consumi pro-capite di petrolio addirittura superiori a quelli italiani!);

2- e, per di più, diverrebbe “totalmente dipendente” dall’estero anche per l'approvvigionamento di uranio e per la tecnologia nucleare (dal nostro Paese ormai del tutto abbandonata...).





OTTAVO:

IL NUCLEARE NON COMPORTA ALCUNO SVILUPPO OCCUPAZIONALE!



Il settore nucleare genera minori benefici in termini occupazionali (quindi sociali) rispetto al comparto delle energie alternative.

Una centrale in costruzione, difatti, produce solo “3.000” posti di lavoro (che si riducono a “300” nella fase di esercizio!).

Greenpeace, invece, stima che l'occupazione indotta dallo sviluppo delle energie rinnovabili sia 10/15 volte maggiore rispetto a quella indotta dal nucleare:

- la Germania può vantare in soli 10 anni “350.000” addetti nel settore delle rinnovabili (contro i 30 mila delle sue 17 centrali nucleari!);

- mentre l'Italia, pur essendo ancora molto indietro rispetto ad altri paesi, nel solo settore fotovoltaico ha già prodotto “120 mila” nuovi posti di lavoro negli ultimi anni (e, secondo l'“Asso Energie Future”, potrebbe creare all’incirca “200 mila” posti di lavoro nei prossimi 9 anni!).



In un Paese in cui 1 giovane su 3 non trova lavoro ed il settore delle rinnovabili appare forse l'unico “dinamico” nonostante la crisi economica, perché non investire sulla “green economy” quale volano di crescita e sviluppo?

Perché non scommettere su un nuovo “Rinascimento verde”?





NONO:

IL NUCLEARE E' UN'OPZIONE POLITICAMENTE “SENZA FUTURO”!



Mentre il Governo italiano si mostra impegnato a giustificare le ragioni di un “ritorno al passato”, il resto del mondo (sostanzialmente con la sola eccezione della Cina) viaggia “controcorrente”, guardando con più attenzione alle energie del futuro:



1- il presidente Barak Obama ha vinto le elezioni americane promettendo il miracolo di una “green economy” (nel suo ultimo discorso sullo Stato dell'Unione si è spinto a promettere che entro il 2035 l’80% dell’elettricità americana proverrà da fonti di energia pulita ed entro il 2015 gli Usa diverranno il primo paese ad avere 1 milione di veicoli elettrici su strada!);



2- il governo spagnolo di Zapatero ha incentivato uno sviluppo esponenziale delle fonti energetiche “pulite” (tale da renderle competitive con le fonti tradizionali!);



3- la cancelliere Merkel ha deciso lo stop di tutti i reattori entro il 2022 (promettendo che entro il 2050 l'80% dell'energia tedesca arriverà da eolico e fotovoltaico!);



4- il governo svizzero ha annunciato l'intenzione di abbandonare progressivamente il programma energetico nucleare;



5- e persino il Giappone, ovviamente dopo il disastro di Fukushima, ha comunicato di voler rinunciare presto al nucleare (il Primo Ministro, Naoto Kan, sta considerando l'ipotesi di imporre a tutti gli edifici di nuova costruzione l’installazione di pannelli solari entro il 2030!).



Cosa spinge, allora, il Governo italiano a continuare a puntare lo sguardo sull'atomo?

Quale senso avrebbe investire risorse per costruire centrali che entrerebbero in funzione solo quando le restanti centrali di mezza Europa saranno in fase di smantellamento?!

Se davvero il nucleare fosse una fonte d'energia “conveniente”, inoltre, come mai solo il 6% dell’energia mondiale viene prodotta dall'atomo?

E se sul serio il ritorno al nucleare fosse una scelta “obbligata”, perché mai la più grande potenza industriale d'Europa, la Germania, potrà farne a meno?



L'Italia è stata tra i primi paesi industrializzati ad uscire dall’atomo, in un periodo nel quale il resto del mondo guardava “con interesse” a tale fonte di energia.

Se oggi è il resto del mondo a guardare “con sospetto” al nucleare, perché mai l'Italia dovrebbe proseguire la sua “politica del gambero”?





DECIMO:

IL NUCLEARE E' STATO “BOCCIATO” DAI CITTADINI!



Gli italiani hanno già detto la loro sul nucleare, con la plebiscitaria consultazione referendaria del 1987.

Ancor oggi, inoltre, tutti i sondaggi rivelano che la maggioranza della pubblica opinione è rimasta contraria alla scelta nucleare!

Ecco perché la volontà governativa di imporre al Paese il nucleare pur in contrapposizione ad una volontà popolare di segno dichiaratamente opposto risulta essere una scelta politica eversiva, “antidemocratica”!



Una norma di legge introdotta dal Governo Berlusconi nel 2009 prevede finanche “l’uso dell’esercito” per realizzare le previste centrali nucleari (per imporre alle comunità locali la costruzione di futuri impianti).

Si tratta della volontà di “forzare la mano”, di una scelta quantomeno “irresponsabile”, destinata a generare inevitabili conflitti istituzionali e sociali qualora venisse attuata!

Una ragione in più perché il prossimo 12/13 giugno i cittadini si rechino alle urne per confermare con un “Si” il loro “No” al nucleare!

Commenti

D´accordo su tutto. Solo una precisazione: il TAV vorrebbero costruirlo in Valle di Susa, non in Val d´Aosta
commento inviato il 09/06/2011 alle 2:21 da Roberto  
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