Si tratta, come anche i più accaniti detrattori di tale strumento sono costretti oramai ad ammettere, del percorso più efficace per selezionare le candidature in un contesto bipolare sempre più marcato.
Arcinote sono a questo punto, dopo le ripetute brillanti sperimentazioni culminate nelle più recenti affermazioni di Milano, Torino, Bologna, Cagliari, Trieste, anche le virtù insite nel mezzo, fra le quali spiccano il coinvolgimento attivo e militante del proprio popolo di riferimento in una campagna elettorale che ha il pregio di iniziare in anticipo, consentendo in tal modo di prendere in contropiede l’avversario (ovviamente qualora si abbia l’accortezza di evitare di trascinarsi troppo a ridosso del momento elettorale) e la riconosciuta capacità di selezionare la personalità più competitiva ai fini del successo finale.
Ovviamente, il presupposto affinchè tali ragionamenti vengano sviluppati è la presenza di una classe dirigente locale fornita di coraggio e passione ma scevra, al contempo, da interessi di auto perpetuazione.
Alle città, soprattutto del nord, che hanno costituito l’esempio virtuoso e vincente, si è però contrapposto un modello laziale tanto preoccupante quanto desolante, che ha registrato il proprio epicentro a Cassino, Genzano ed in molti altri centri del sud della regione.
Qui la fibrillazione ha avuto origine prevalentemente nel PD locale, infestato dalle scorrerie di un ceto politico animato da interessi piuttosto meschini, che ha opposto un netto rifiuto alle motivate richieste per lo svolgimento di elezioni primarie, provenienti dall’interno e dall’esterno del PD, ed ha preferito, viceversa, dar luogo alla inveterata e tristemente nota pratica degli accordicchi e degli impiastri fra le correnti interne.
Quanti avevano richiesto le primarie che, ricordiamo a beneficio di tutte le potenziali vittime di interessate amnesie, sono lo strumento naturale di selezione delle candidature contemplato dallo statuto del PD, sono stati allora costretti a seguire un percorso autonomo, dando vita conseguentemente a liste civiche democratiche capeggiate proprio da quei candidati ai quali era stata negata la possibilità delle primarie e con all'interno alcune tra le migliori energie del partito.
Finale della partita: gli stessi candidati hanno vinto le elezioni mentre i detentori del marchio e dei pacchetti di tessere, usciti dalla competizione con le ossa rotte, hanno trascinato il PD in un vistoso rovescio elettorale, conducendolo a percentuali ad una sola cifra.
Noi auspichiamo, come dirigenti del PD di Viterbo, che il partito cittadino faccia tesoro di quelle esperienze, senza ripetere gli stessi errori.
Ribadiamo quindi la necessità che, al più presto, anche a Viterbo, venga attivato un tavolo di centrosinistra per discutere, con il debito anticipo, di elezioni primarie e dei luoghi dove costruire un programma alternativo a quello di un centrodestra che governa la città in modo sempre più sciatto.
I sottoscritti dirigenti comunali del PD di Viterbo:
Angelo Cavallo
Ovidio Cusi
Samuele De Santis
Fabio Gionfrida
Carlo Mezzetti
Agostino Moscatelli
Alessandro Napoli
Paola Pascolini
Claudio Rispoli
Paolo Stavagna
Wilma Usai
Daniela Volpi
Commenti |
||
nessun commento... |