Certo può essersi trattato di una pura coincidenza, fatto sta però che domenica è stata una giornata, per il Partito Democratico, all’insegna del ‘socialismo europeo’, di una ineludibile adesione al Partito Socialista Europeo e di importanti e critici ‘distinguo’ dal Governo del prof. Mario Monti.  Una giornata con lo sguardo tutto rivolto al di la delle Alpi : a François Hollande, il candidato Premier del PSF nella corsa, di maggio prossimo, all’Eliseo con i sondaggi che lo danno in vantaggio su Nicolas Sarkozy e a Sigmar Gabriel, leader della SPD tedesca, che contenderà tra un anno, nel 2013, il Cancellierato a Angela Merkel. 

Anche in Italia, salvo imprevisti sempre possibili, si voterà nel 2013 e il Pd  dovrebbe arrivarci con un programma di spessore europeo e una coalizione di centro-sinistra rinnovata negli uomini e nelle idee. Così mentre a Roma è scesa in campo ‘la nouvelle vague’ della sinistra dem, come è stata chiamata, con Stefano Fassina, Guglielmo Epifani, Giorgio Ghezzi, Pietro Folena, Enrico Rossi e il direttore dell’Unità Claudio Sardo, a sollecitare l’adesione naturale del Pd al PSE, a Piacenza il leader del Pd, Pier Luigi Bersani definiva la socialdemocrazia, “una grandissima esperienza, che come tutte le grandi esperienze deve essere rinnovata. E noi abbiamo una voce nel quadro delle socialdemocrazie europee, ma che ha una sua peculiarità : la nostra esperienza è al crocevia di una tradizione democratica popolare, di una tradizione socialista e di sinistra e anche con una parte di liberalismo, che è sempre stato tradito in Italia perchè i conservatori italiani non sono mai stati veramente liberali ». 

La ‘nouvelle vague’, che non intende essere una ‘corrente’, ma un ‘Laboratorio di Idee’, ha un obiettivo: riunire nel ‘Pd e con il Pd’ tre filoni culturali oggi dispersi, quello socialista, tradizionalmente più vicino alla Cgil, quindi più di sinistra; quella ambientalista e quello solidaristico, che, idealmente, si richiama alla vecchia Cisl di Pierre Carniti.  Detta più chiaramente: si è fatto avanti e si è materializzato, come reazione e/o rifiuto della scelta di continuare ad appoggiare il Governo ‘neoliberista’ del prof. Monti, un composito e variegato gruppo di personalità con un corpus di idee che si rifanno al meglio del patrimonio della ‘sinistra’ riformista e riformatrice.  Queste forze che si vuole riunire ‘nel Pd e col Pd’ e che si richiamano alle idealità socialiste, ambientaliste e solidaristiche, hanno un ruolo importante per indicare e affermare il senso di marcia delle politiche di transizione - è stato detto - stante “il fallimento del neoliberismo”, causa della gravissima crisi economico-finanziaria nel mondo.

Approccio giusto quello di guardare alla dimensione europea per reagire e proporre un’uscita dal vicolo cieco delle tecnocrazie, che sia capace di arginare lo strapotere della finanza, il cancro delle precarietà, l’ideologia delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni, e di aggredire la concentrazione di ricchezze e risorse in poche mani sotto il controllo di opachi poteri. Ecco perché si guarda a Hollande, a Gabriel, per non dire a Martin Schulz, da poche settimane presidente del Parlamento Europeo.  Perché la sfida vera di un possibile cambiamento si gioca in Europa: a maggio in Francia e un anno dopo in Germania. Se i francesi mandano a casa Sarkozy e i tedeschi la Merkel vuol dire cambiare volto non solo all’Europa ma anche all’Italia.“Il mio avversario vero non ha partito, non ha un volto, non è eletto, ma governa, è la finanza. Se sarò eletto farò votare una legge che separa le attività di deposito e di investimento delle banche”, ha detto, chiaro e tondo, Hollande. Ed ha anche aggiunto, “inserirò nella Costituzione la legge del 1905 sulla laicità dello Stato”.

Parole grosse, pesanti come macigni, queste di Hollande che ambisce a cambiare la società francese sull’onda delle proposte scaturite alla Progressive Convention del PSE di Bruxelles, lo scorso 25 novembre, per una società diversa da quella imposta dal neoliberalismo: uguaglianza reale, democrazia partecipata, economia attenta ai bisogni delle persone, laicità.  “Il socialismo è inconciliabile con il capitalismo”, è la parola d’ordine uscita dalla Convention di Bruxelles. E affermazioni simili – è stato rimarcato nell’assemblea della ‘nouvelle vague’ – bisognerebbe avere il coraggio di farle anche in Italia. L’assemblea ha comunque applaudito Bersani per aver chiamato nel comizio di San Giovanni alla manifestazione di novembre contro il Governo Berlusconi, il leader della SPD, Gabriel e a metà dicembre il candidato Premier all’Eliseo del PSF, Hollande.

Un buon inizio, questo, per unire ‘con e nel Pd’ le idealità socialiste e anche per collocare il Pd senza titubanze nel campo del socialismo europeo. Il progetto della ‘nouvelle vague’ si muoverà in tre direzioni: l’adesione al PSE, al partito socialista europeo; un sistema elettorale con un proporzionale corretto, il modello tedesco, che agevolerebbe la formazione di un partito neosocialista; la centralità della questione del lavoro, con una certa suggestione sindacalista, verso cui la Cgil prima di Epifani e ora di Susanna Camusso non è certo insensibile.

Resta da vedere se questo ‘magma’ riuscirà a giocare un ruolo per uno spostamento dell’asse generale del Pd verso una fisionomia più di sinistra classica, sulla scia di un auspicato protagonismo dei progressisti europei. A favore di questo gruppo variegato e composito, uno spessore culturale (e politico) di non poco conto e, si sa, di questi tempi, è merce preziosa, molto preziosa. 

Commenti

Questa ipotesi è possibile solo se il PD si spacca, ci son troppi democristiani
commento inviato il 10/02/2012 alle 1:15 da Fabius  
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