Un vecchio adagio di circa mezzo secolo fa recitava - la castagna sta al coltivatore come il maiale al contadino - Niente di più vero se di ambedue nulla andava perduto in quanto tutto  utile.

       Le castagne, con il  rituale della raccolta, hanno costituito, spesso, un elemento fondamentale economico e, consumate fresche, essiccate, cotte o ridotte in farina, per il loro  alto valore nutrizionale, unitamente al loro sapore  hanno contribuito a tramandare un ricettario ricco e goloso. 

       Per la loro preziosità, i castagneti erano lasciati in eredità e costituivano oggetto di orgoglio per i fortunati  destinatari, i quali erano attenti alle cure del bosco al fine di garantirsi un buon raccolto.

       Oggi, si contano numerose le manifestazioni in cui le castagne sono protagoniste indiscusse dell’autunno e danno vita a bellissime sagre paesane all’insegna di vino, torte casalinghe, intrattenimenti folkloristici  e,…..tantissime castagne.

        Le piazze si animano fin dalle prime ore del mattino, i paesani iniziano le loro dissertazioni sui frutti autunnali: Castagne e Marroni. Alla fine sono tutti d’accordo che le prime sono il frutto del castagno selvaggio – ogni riccio ne contiene tre -  mentre il marrone, che proviene da alberi coltivati e continuamente migliorati con vari innesti successivi  contiene, talvolta, soltanto un frutto.  Gli eventi, poi, si susseguono a ritmo incalzante tra le viuzze e ripercorrono le tradizioni che affondano le radici nel passato attingendo a cordialità, allegria e, perchè no, generosità.

       Talvolta le castagne sono state definite “ Pane d’albero “ e talvolta  “ Pane dei Morti “. Il riferimento, comunque, è rivolto a ritualità e simbologie antiche. Le sagre e le feste non sono soltanto dettate da esigenze di  mercato  o da contingenze stagionali, ma in esse si può ravvisare qualche ritualità ancestrale anche se  il significato di certi gesti arcaici s’è quasi del tutto perso.

        Laddove la festa della castagna si svolge ai primi di novembre la castagnata non è solo convivialità, ma anche rievocazione di arcaiche rappresentazione del cibo dei morti in quanto essa, veniva rappresentata come cibo simbolico: il frutto esce dalla scorza così come il Corpo resuscita dal Sepolcro.

        Le castagne, anche “ Pane dei Poveri “. Questa definizione ha un fondamento: con la farina di castagne si faceva il pane e la diffusione della castanicoltura poggiava sull’esigenza di avere pane per sfamarsi e produrre castagne da destinare agli animali, soprattutto ai maiali. Lo stesso Plinio, in epoca romana, ci tramanda come le castagne costituissero una specie di surrogato del pane. La castagna serviva, come la ghianda a nutrire i maiali. La carne del porco, essiccata e insaccata costituiva fonte energetica  di sostentamento nel corso della stagione fredda. Aveva, dunque, un valore tale che, in età antica i boschi si misuravano in maiali in quanto si  consideravano quanti capi potessero essere nutriti dai frutti spontanei in un certo appezzamento di terreno boscato.

         Al di là delle tradizioni di cui ho detto devo dire che il progressivo sviluppo della coltura delle castagne sembrava garantire una sorta di immunità contro il tempo e contro le vicende legate alla presenza dell’uomo, ma le cose si complicarono quando in alcuni centri, la valenza economica originaria, sotto la spinta di nuove crescenti esigenze economico-sociali dovette subire confronti con altri mercati.

             La ricerca, però, del genuino e del naturale ha rigenerato il consumo della castagna nel nome di sapori autentici.

             Oggi la castagna, per noi, nella Tuscia la fa da padrona, è protagonista assoluta nelle feste che precedono la stagione invernale. Essa è festeggiata nei comuni che circondano i Monti Cimini: Canepina, San Martino al Cimino, Soriano, Caprarola nel corso delle cui manifestazioni vengono distribuite, per essere gustate, caldarroste, marroni, dolci a base di castagne.

               A Valleranno si svolge, altresì, una manifestazione dedicata agli alunni delle scuole, unitamente a spettacoli, musica, balli e scorpacciate di caldarroste e marroni.

                Anche a Canepina è un trionfo di caldarroste, maccheroni e ceciliani, in tributo alla Regina indiscussa dell’Autunno. Sulle piazze grossi bracieri, accesi di viva brace, sfornano in continuazione caldarroste da offrire ai numerosi ospiti in visita.

                In ogni manifestazione i vari menù sono completati e si sposano in alchimia gradevole con fagioli, bruschette, salsicce e bistecche di maiale offerte in abbondanza a ricordare che le carni di questo animale sono insaporite anche dalle castagne di cui si nutrono.

                 Concludo con l’augurio che l’impegno di tutti sia rivolto a proteggere e favorire la diffusione dei castagneti, favorirne il potenziamento con opportuni provvedimenti legislativi , perché essi costituiscono in tutti i comuni del circondario montano un bene naturalistico inalienabile e ci obbligano a rispettare questa nostra nobile Regina d’Autunno: LA CASTAGNA. 

Michelangelo Mantovano

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