Le fiamme si sono sviluppate attorno alle 2 nell’edificio nel distretto di Botataung, un’area multietnica nella parte orientale dell’ex capitale. I vigili del fuoco sono riusciti a spegnere il rogo prima che avviluppasse l’intera struttura, sfondando una porta e consentendo la fuga della maggior parte dei 75 ragazzini - di età tra i 13 e i 14 anni - all’interno; ma per 13 di loro non c’è stato niente da fare. Il funerale s’è tenuto nel pomeriggio, alla presenza di 5 mila musulmani.
Sulla sua pagina Facebook, la polizia ha indicato la causa della tragedia in un corto circuito causato da un sovraccarico di tensione. Ma dopo gli almeno 43 morti negli scontri di due settimane fa a Meikhtila, e i successivi attacchi a moschee in altre 15 località del Paese, tra i musulmani in Birmania si è subito diffuso il timore che si trattasse di un incendio doloso. Le testimonianze raccolte da diversi reporter tra i residenti della zona puntano decise in quella direzione; c’è chi ha visto persone fuggire in modo sospetto, e chi ricorda un odore di benzina.
Il governo ha presto lanciato un appello a non credere alle «voci» rilanciate online da una rete di attivisti musulmani sempre più organizzata dopo le violenze dell’ultimo anno. Ma la diffidenza della minoranza islamica nel Paese di fronte alle autorità è ormai diffusissima, con frequenti accuse di connivenza alle forze dell’ordine di fronte agli attacchi di Meikthila, ma anche per quelli contro l’etnia Rohingya lo scorso anno, due tornate di pogrom che hanno causato almeno 180 morti e 120 mila feriti quasi esclusivamente musulmani.
Le stesse cifre ufficiali, secondo molti, sono volutamente riviste al ribasso dal governo nel tentativo di mantenere la pace sociale. Imbottigliata per decenni sotto la dittatura militare, la diffusa intolleranza verso la minoranza islamica - ufficialmente il 5% della popolazione, ma percepita in crescita - è evidente anche da molti commenti feroci e complottisti sui social network.
Persino una frangia nazionalista di monaci si è fatta nell’ultimo anno sempre più aggressiva nella sua campagna di boicottaggio del piccolo commercio gestito dagli islamici, con accuse che ricordano quelle agli ebrei nella Germania degli anni Trenta.
Il rischio di una crescente frammentazione su basi religiose sale quindi con ogni incidente settario: già ora molti negozi musulmani di Rangoon chiudono al primo cenno di tensione.
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