Lazio, impianto biogas Cerveteri www.UnoNotizie.it - Non tutti sanno che nei pressi di
Cerveteri, in località Pian della Carlotta, è in costruzione da oltre un
anno un impianto a biogas. Non è una gran notizia perché questi
impianti stanno venendo su ovunque come funghi, ognuno con dietro la sua
storia di illegittimità, di prepotenze, di speculazioni.
Ma quello di
Pian della Carlotta è un po’ più speciale degli altri. Intanto, la
localizzazione. Un paesaggio che nonostante gli scempi (una cava di
pietra proprio accanto all’impianto in questione e, a poca distanza, una
cava di caolino che si è mangiata una collina con relativo bosco di
sugheri secolari lasciando una ferita aperta sul versante
settentrionale) ha mantenuto le sue caratteristiche uniche.
Pendii
ondulati tra il Sasso e le Dolomiti del Lazio, sullo sfondo del mare,
che nascondono fra le loro pieghe autentici tesori: tombe etrusche,
piscine romane, antichi insediamenti; e poi fonti di acque termali, una
vegetazione e una fauna selvatica tanto uniche da aver meritato ogni
sorta di tutela ambientale.
Si tratta di una Zona a Protezione Speciale,
un sito Natura 2000, di interesse UNESCO in quanto prossimo al
comprensorio della Banditaccia (anche se non rientra nella Buffer Zone).
Un territorio così pregiato dovrebbe costituire un patrimonio da
proteggere e valorizzare a favore della collettività, rispettandone la
vocazione e le potenzialità.
E invece è arrivata da fuori una società
che sul posto non coltiva nemmeno una spiga di grano e non alleva
nemmeno una mucca e ha chiesto e ottenuto dalla Provincia
l’autorizzazione a installarci un impianto a biogas inutile, orribile a
vedersi e anche pericoloso per la salute.
Ma molto, molto, redditizio.
Nonostante la Comunità europea sia molto attenta alla tutela ambientale e
abbia emanato numerose norme che dovrebbero garantire la più ampia
partecipazione e pubblicità, i cittadini sono venuti a conoscenza di
questa iniziativa quando i termini di impugnazione erano ormai scaduti.
E ogni tentativo di saperne di più è stato sistematicamente eluso e osteggiato: le numerose richieste di accesso agli atti hanno fruttato una documentazione scarsa e poco significativa, un po’ per l’ostruzionismo della Provincia e un po’ perché la Società ha ostinatamente negato il proprio assenso a qualsiasi esibizione di documenti tecnici.
Ma alcune vistose anomalie (non le vogliamo chiamare
illegittimità?) saltavano all’occhio. Alla Conferenza di servizi, per
esempio, non hanno partecipato la ASL competente per territorio e
l’ARPA. Il loro intervento non era necessario, dice la Provincia.
Come
non era necessario? ragiona la gente. E allora chi si è occupato di
verificare i rischi di inquinamento delle falde acquifere, le emissioni di
polveri, di odori e di rumori, l’impatto dell’intenso traffico di
camion, la composizione chimica del digestato, i rischi per la salute?
Nessuno.
E allora come la mettiamo con tutti i vincoli derivanti dalla
qualificazione di ZPS (vincoli che i cittadini conoscono bene perché
sono quelli che vengono invocati per vietare la costruzione di un riparo
per la legna o di un muretto di contenimento, e talvolta perfino
l’installazione di un pannello fotovoltaico)? Tranquilli, la Regione ha
dettato precise prescrizioni.
E infatti la pronuncia di valutazione di
incidenza della Regione Lazio del 16 novembre 2010 impone: “i
lavori dovranno essere eseguiti nel minor tempo possibile, al fine di
ridurre il tempo di esposizione a disturbi da rumore e di presenza umana
e sospesi, al fine di non interferire con la stagione riproduttiva di diverse specie di Uccelli, nei mesi da Aprile a Giugno”. Ottimo.
Però
questo unico obbligo, sull’osservanza del quale avrebbe dovuto vigilare
il Corpo forestale dello Stato, è stato completamente disatteso,
nonostante i comitati lo avessero ricordato a tutte le autorità
competenti fin dal 28 marzo scorso.
E, nonostante un esposto al Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri in data 5 aprile, una denuncia alla Guardia Forestale di Manziana il 9 aprile, i lavori sono proseguiti a pieno ritmo come dimostra senza ombra di dubbio la documentazione fotografica allegata.
Ormai, anche se i lavori dovessero cessare domani, il danno è fatto ed è irrimediabile; ma tutto fa pensare che i lavori non si interromperanno finché l’impianto non sarà terminato e pronto a funzionare.
Bisogna dire che la gente non è rimasta inerte. Si è documentata, si è mobilitata, ha fatto ricorsi, ha costituito comitati, ha partecipato a convegni, ha fatto pressioni sul Sindaco perché incaricasse un esperto qualificato di approfondire i profili tecnici assolutamente trascurati dalla Provincia.
La gente ha
capito che questa non è una battaglia locale per far prevalere interessi
privati su altri interessi privati. La gente ha capito che è una
questione morale, poiché ciò che è in ballo è la nozione stessa di valore.
Paradossalmente, c’è voluta una crisi economica senza precedenti, che ha messo in discussione tutto un consolidato assetto di vita, per costringere le persone a riflettere su quali sono le risorse personali e collettive da salvaguardare e valorizzare ad ogni costo. E per lo più, ha scoperto sorprendentemente, si tratta di risorse a valenza qualitativa e non quantitativa. Qualità della vita, qualità dell’ambiente, qualità dei rapporti.
Lo scorso 18 aprile si è tenuto a
Cerveteri un consiglio comunale aperto a tutti i cittadini. E’ stato un
successo: sono intervenuti il dott. Montanari, l’esperto incaricato dal
Comune di redigere una perizia sull’impianto a biogas di Pian della
Carlotta, il dott. Mocci dell’ISDE, il dott. Giulio Izzo dell’ENEA,
alcuni rappresentanti dei comitati.
C’erano anche tantissimi cittadini,
compresi i bambini delle elementari, tutti molto interessati e
partecipi. Il dott. Montanari ha espresso con autorità e competenza i
suoi dubbi riguardo alla completezza e attendibilità della
documentazione prodotta dalla Società a corredo dell’istanza di
autorizzazione nonché, in via generale, riguardo all’utilità e alla
innocuità per la salute di tali impianti.
Si è parlato anche
dell’assoluta inadeguatezza della polizza fideiussoria (per circa 85.000
euro) rilasciata dalla Società a garanzia del ripristino dei luoghi,
nonché del capitale della Società stessa (20.000 euro) per il
risarcimento di eventuali danni a cose e persone.
E’ stato fra l’altro chiesto all’ingegner
Paolo de Michieli Vitturi, che partecipava al Consiglio in
rappresentanza della Soc. Sasso Green Power, se gli sembrava etico che
per un interesse privato meramente speculativo venissero sacrificati
interessi collettivi prioritari quali quello alla salute, all’integrità
dell’ambiente, ad un utilizzo compatibile dei terreni agricoli, alla
salvaguardia dei beni di proprietà dei cittadini e di quelli comuni, e
lui ha risposto candidamente che l’etica non è un suo problema.
Buh, buh, è insorta indignata la gente che assisteva, tanto che lui ha dovuto defilarsi alla chetichella prima della fine dell’incontro. Perché, se l’etica non è un suo problema, chi ci garantisce che i camion che dovrebbero trasportare mais non portino immondezza, che le sementi utilizzate non siano OGM, che non vengano irrorati pesticidi sui campi?
E allora, di chi è di competenza l’etica?
Già è inquietante che uno questo interrogativo sia costretto a porselo,
visto che l’etica non dovrebbe costituire uno spicchio della torta
delle competenze ma dovrebbe far proprio parte dell’impasto della torta.
A furia di omissioni, di latitanze, di connivenze, le istituzioni hanno
scavato un fossato incolmabile fra loro e i cittadini e ora questi non
sono più disposti a delegare.
Visto che sono costretti ad attivarsi in
prima persona per approfondire tutte le problematiche tecniche,
scientifiche, economiche e giuridiche dei provvedimenti che vengono
emanati sulla loro pelle, cominciano a chiedersi se la democrazia
rappresentativa abbia ancora un senso o se non sia giunto il momento di
pensare a qualche strumento partecipativo e di democrazia diretta più
efficace e, appunto, più etico.
Maria Grazia Cappugi
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