E' morto il poeta Vittorio Galeotti.
E' troppo riduttivo sintetizzare in questo modo un evento del genere.
Vittorio era una persona stupenda.
Un uomo che ha sempre saputo amare la vita, apprezzandone tutte le sfaccettature, cogliendone il bello in ogni minima sua forma.
Sapeva godere anche delle piccole cose, che lui trasformava in grandi, rendendole tali anche agli occhi (fortunati) di chi gli stava attorno.
Ecco, io sono stato uno di quei fortunati!
Di Vittorio apprezzavo tante cose, ma soprattutto lo ammiravo per la sua capacità di sdrammatizzare sempre, anche su argomenti duri, come la morte.
Vittorio è morto giovane di spirito, ha alimentato la sua curiosità verso la vita fino alla fine.
Ancora fino a qualche mese fa studiava e leggeva per imparare, per sapere qualcosa in più.
Anche se era poi lui stesso a dire:
"Sapete, oggi una volta di più ho capito che più si apprende e più si capisce quanto si è ignoranti".
Vittorio era una persona forte, dentro e fuori.
Gli anni lentamente avevano scalfito il suo corpo, ma mai il suo spirito.
Quando gli chiedevo come stesse, mi rispondeva sempre: "Se continua così è una pacchia".
Ovviamente alla fine non era per niente una pacchia, eppure lui continuava a dire che non poteva lamentarsi, che lui era una persona fortunata, ed era vero.
Sì, Vittorio ha avuto una gran vita. Piena di avventure e soddisfazioni, ma certamente anche fatta di qualche tremendo dolore.
"Ma questa è la vita" diceva lui, e ringraziava Dio tutti i giorni per ogni istante in più che gli regalava.
L'ultima volta che l'ho visto, qualche giorno fa a casa sua, stava nel letto, quasi immobile.
Faticava a parlare, cosa strana a pensarsi quando si parla di Vittorio, il poeta.
Ma la malattia aveva preso il sopravvento sul corpo.
Però dietro i suoi dolcissimi occhi c'era sempre lui, sempre pronto a sdrammatizzare, sempre pronto a regalare un sorriso, una battuta, sempre fiero, sempre un autentico signore da cui c'è solo da imparare. Da cui c'è da imparare non solo come si vive ma persino come si muore.
Mi guardava con gli occhi di chi sa che il tempo è finito ed è ora di tirare le somme.
Si lamentava per un paio di episodi della sua vita che non lo rendevano fiero.
Sciocchezze, gli dicevamo noi, sta tranquillo.
Per distrarlo gli parlavamo del suo vocabolario Viterbese - Italiano / Italiano - Viterbese che aveva realizzato insieme al professor Nappo qualche anno prima e del quale andava fierissimo. E allora la gioia tornava nei suoi occhi.
Io non credo che si possa sperare in un esempio di vita più alto di quello che ha saputo regalarci Vittorio.
Fortunati coloro che lo hanno conosciuto e goduto, fortunati coloro che ne potranno fare tesoro durante la propria esistenza.
Caro amico, io non smetterò mai di ringraziare te e il fato per questa straordinaria opportunità.
Quando ci siamo lasciati l'ultima volta, sapevamo entrambi che sarebbe stato il nostro ultimo incontro, io te l'ho letto nel tuo sguardo in quell'ultimo abbraccio.
Ci siamo detti tutto in quel momento, senza il bisogno di aprire bocca. E questo succede solamente nelle amicizie vere e profonde, come era la nostra.
Il poeta muore ma non muore mai la sua poesia.
E tu da oggi sei pura poesia e come tale vivrai per sempre.
Daje Vittò, che se continua così... è una pacchia.
Cristiano De Amicis