Due attivisti di Greenpeace, Junichi Sato e Toru Suzuki, sono agli arresti domiciliari da 138 giorni, da quando, lo scorso maggio, hanno svelato la corruzione del cosiddetto programma di ricerca scientifica sulla caccia alla balena. Greenpeace ha scoperto che al ritorno dall’Antartide i balenieri spedivano a casa centinaia di scatole con carne di balena contrabbandata. Gli attivisti hanno prelevato una di queste scatole, che secondo la bolla di accompagnamento avrebbe dovuto contenere cartone, e vi hanno trovato carne di balena affumicata per un valore di oltre 2.300 euro. La carne è stata mostrata alla stampa e quindi consegnata alla Magistratura che ha deciso di non indagare sul contrabbando e di processare invece gli attivisti di Greenpeace. Il processo si terrà all’inizio dell’anno prossimo e gli attivisti rischiano 10 anni di galera.

Greenpeace ha quindi deciso che quest’anno non invierà alcuna nave nel Santuario delle Balene dell’Oceano Antartico e che invece concentrerà tutti i suoi sforzi sul Giappone per assicurarsi che sotto accusa finisca la caccia alle balene e non gli attivisti di Greenpeace.

“Per anni ci siamo messi tra l’arpione e la balena, ne abbiamo salvate centinaia. Le nostre azioni hanno messo la caccia baleniera in cima alla lista dell’agenda politica - racconta Jun Hoshikawa, Direttore Esecutivo di Greenpeace Giappone. - Ma, se vogliamo far finire questa caccia, dobbiamo portare il cambiamento a Tokyo.”

In occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il prossimo 10 dicembre, Greenpeace porterà a Tokio una numerosa delegazione di persone che denunceranno che l’arresto di Junichi e Toru è un atto di intimidazione politica e si autoaccuseranno per complicità in attività contrarie alla caccia baleniera. Sono già 250 mila le persone che hanno fatto appello al Primo Ministro giapponese per ritirare le accuse e rilasciare gli attivisti: adesso Greenpeace punta a raccogliere diecine di migliaia di sostenitori pronti a autodenunciarsi alle autorità Giapponesi.

“L’accusa a Junichi e Toru è politica, se il governo giapponese vuole fare prigionieri politici, allora ci saranno molti prigionieri- dichiara la responsabile della Campagna Mare di Greenpeace International Sara Holden - Chiunque sia contro la caccia alle balene, dai capi di Stato agli studenti delle scuole superiori, dovrebbe dichiararsi complice e aiutarci a far sì che questo processo si concluda con la condanna della caccia ai cetacei e non di Junichi e Toru.”

Greenpeace, inoltre, farà ulteriore pressione sui governi come l’Italia che ogni anno condannano solo formalmente la caccia alle balene ma che non agiscono concretamente. “Se gli Stati amici delle balene avessero investito, come l’Australia, in una reale volontà politica opponendosi alla caccia alle balene nell’Oceano Antartico, tutto questo sarebbe finito già da anni” denuncia Sara Holden.

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