Ultime news - UnoNotizie.it - Lo stabilimento “insalubre di prima classe” BASF (ex Engelhard) di Roma in Via di Salone, dal gennaio 2016 non sarà più lo stesso. Dal 1956 ha visto passare e bruciare, ogni giorno, tonnellate di sostanze chimiche tossiche e pericolose, per recuperare i metalli preziosi residui della combustione, riversando nell’aria oltre 150.000 metri cubi di fumi e nell’Aniene le acque reflue di tali processi. Per oltre 15 anni, singoli cittadini e Comitati locali hanno denunciato instancabilmente l’incompatibilità di tali lavorazioni ed emissioni con la realtà di un territorio alle porte della Capitale, che in 60 anni si è trasformato accogliendo decine di migliaia tra residenti e lavoratori, in aree residenziali e commerciali, e con un asilo nido nei pressi dello stabilimento.

Oggi si apprende che la BASF ha unilateralmente deciso, per ragioni di ottimizzazione e convenienza economica, di cessare le attività di incenerimento e recupero, al contempo investendo nello stabilimento di Roma su attività già esistenti e decisamente più compatibili con la realtà del territorio circostante.

Una decisione che i Comitati e centinaia di famiglie che risiedono vicino all’inceneritore accolgono con sollievo, ma cui si sarebbe potuto e dovuto arrivare prima ed in condizioni diverse.

In questi anni le istituzioni, Comune e Provincia di Roma – in prima linea responsabili della tutela della salute dei Cittadini, della pianificazione e sviluppo del territorio e dell’autorizzazione integrata ambientale allo stabilimento – hanno assistito frastornate agli eventi, preoccupandosi solo di arrivare a passare il testimone all’amministratore successivo, incapaci di coordinarsi minimamente ed affrontare il problema. I Cittadini, che hanno nel frattempo identificato e proposto l’adozione di tecnologie innovative ad “emissioni zero” e dato fiducia alle promesse di delocalizzazione in zone rurali nell’area romana, assistono quindi all’ulteriore fallimento della politica nel suo ruolo di rappresentanza e mediazione tra posizioni distanti ma non necessariamente inconciliabili.

Oggi, per quelle stesse istituzioni, c’è l’ultima chiamata ad assumersi finalmente le loro responsabilità, creando le condizioni per una effettiva riqualificazione del sito, a tutela della salute dei Cittadini e sostenendo con misure appropriate i lavoratori coinvolti nella riorganizzazione.

BASF rassicura a tal proposito che lavorerà per garantire “soluzioni socialmente responsabili e, dove possibile, offrire altre posizioni all’interno del Gruppo”, ma le premesse non sono delle migliori: nel 2009 proprio appena rilevato lo stabilimento di Roma, l’azienda non esitò a licenziare circa 80 dipendenti, peraltro impiegati in reparti che non ponevano alcun problema dal punto di vista dell’impatto ambientale. Le cose non sono andate meglio nello stabilimento “gemello” di Cinderford (UK), riorganizzato per rispondere alla crescente domanda di certi metalli preziosi, a discapito di una linea di recupero di oro e argento dai resti di apparecchiature elettroniche, chiusa circa un anno fa licenziando 50 persone[4].

Questa è purtroppo la considerazione che le multinazionali riservano ai propri lavoratori di fronte ad un potenziale ulteriore profitto.

Quelli a venire saranno mesi caratterizzati da una crisi nel senso più proprio della parola: una trasformazione, e quindi un’opportunità, che auspichiamo verrà gestita nel migliore dei modi dalle parti coinvolte e che restituirà al quartiere un sito produttivo dal volto nuovo e da valorizzare ulteriormente. Il Comitato continuerà a svolgere il suo ruolo a tutela della salute dei Cittadini di fronte a tutte le criticità ambientali sul territorio, tra cui BASF, monitorando eventuali nuove autorizzazioni ed informando puntualmente per garantire che la loro risultante sia e resti compatibile con la realtà del territorio.  

 

Il Comitato di Quartiere di Case Rosse

Il Comitato di Quartiere di Settecamini

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