Voglio rendere pubblica l'adesione al digiuno a catena (a turni), promosso il 3 novembre dall'associazione Rete Pace per il Congo in solidarietà con il popolo congolese per l'ennesima emergenza umanitaria che sconvolge il Kivu, regione della Repubblica democratica del Congo già segnata dalla sanguinosa guerra degli anni Novanta, costata più di quattro milioni di morti.

La guerra in atto in queste settimane nella regione del Kivu vede contrapposte le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (Fardc) e le milizie del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (Cndp), guidate dall'ex generale tutsi Laurent Nkunda, appoggiato da paesi stranieri, in particolare dal Ruanda.

Chi segue da tempo e da vicino le vicende del Congo non ha dubbi sulle ragioni della guerra che vanno ricercate nella grande disponibilità di materie prime che si trovano nel Kivu. Materie prime necessarie alle multinazionali, come il Coltan, minerale utilizzato per la costruzione dei telefoni cellulari. Ben prima che i media si occupassero di questo evento i vescovi congolesi scrivevano: "una guerra paravento per coprire il saccheggio delle risorse".

In un documento di qualche anno fa la Societé Civile di Butembo, nel Nord Kivu, definiva il Congo uno "scandalo geologico e agricolo, la popolazione è come un affamato dormiente su un materasso d'oro". La popolazione del Congo, e in particolare del Kivu, è sottoposta da più di un decennio a guerre, stupri di massa, saccheggi; è condannata allo stato di profughi; i giovani e i bambini sono costretti ad arruolarsi negli eserciti in lotta. Un dramma umanitario provocato dalla rapina delle risorse, da una classe dirigente corrotta e spesso incapace e da una comunità internazionale (Europa, Usa, Cina, Russia) più interessata alla protezione delle imprese, delle multinazionali, che ai diritti umani. Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse è cosa conosciuta dalla comunità internazionale. Ad esempio nell'ottobre 2002 al Consiglio di sicurezza dell'Onu veniva presentato un documento dal titolo "Rapporto finale del Gruppo di esperti sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali e altre forme di ricchezza della Repubblica Democratica del Congo".

Tra le tante presenze armate nel Congo c'è anche l'Onu, con una presenza di 17.000 soldati di cui 8.000 nel Kivu; la missione dell'Onu si chiama Monuc. La Monuc, come denunciato da più parti ed anche dal governo della Repubblica democratica del Congo, non è al di sopra delle parti, ma si comporta in modo benevolo nei confronti dell'esercito irregolare di Nkunda. In questo atteggiamento ricorda la missione dell'Onu (Minuar) del 1994 quando operò in intesa con il Ruanda di Paul Kagame.

Si parla di "balcanizzazione" del Congo con il rischio di una scissione della regione del Kivu, che così sarebbe più facilmente controllabile, con le sue immense ricchezze.

Nonostante la lunga e sanguinosa guerra, la pesante eredità della dittatura di Mobutu, la delusione seguita alle recenti elezioni, la serie di accordi firmati e disattesi, la popolazione congolese vuole costruire un percorso di pace e di riconciliazione. E la comunità internazionale, dall'Onu all'Europa, dovrebbe invertire la rotta seguita negli ultimi anni e appoggiare la popolazione locale per costruire uno stato di diritto nel Congo e per favorire una pace duratura.

Noi cittadini comuni possiamo aiutare quella popolazione denunciando pubblicamente le ragioni della guerra e cercando di combattere il modello di economia violenta che tanti danni provoca al pianeta Terra e che calpesta i diritti umani della maggior parte dell'umanità.

In occasione dell'azione internazionale nonviolenta per la pace nel Congo del 2001, organizzata da Beati i costruttori di pace, Chiama L'Africa e Associazione Giovanni XXIII - Operazione Colomba, lo scrittore e attore Moni Ovadia dichiarò: "L'Africa dimostra che il pianeta è sull'orlo del baratro. Sono milioni le persone che soffrono. E' il problema più lancinante per il mondo oggi. Su questo si misura la nostra umanità: cos'è che ci fa essere persone oggi? Il fatto di produrre, consumare e lasciare un pianeta di rifiuti? Io non resisto a queste sollecitazioni, quello che si può va fatto. Per questo ho risposto all'appello, perché iniziative come questa danno un senso del nostro cammino di esseri umani".

Queste parole sono ancora attuali e ci devono spronare a manifestare solidarietà alla popolazione congolese e a riflettere sul fatto che le nostre azioni, anche quelle più piccole, hanno effetti sugli altri esseri viventi del pianeta.

 Alessandro Pizzi 
alexpizzi@virgilio.it

 

[Alessandro Pizzi, già apprezzatissimo sindaco di Soriano nel Cimino (Vt), città in cui il suo rigore morale e la sua competenza amministrativa sono diventati proverbiali, è fortemente impegnato in campo educativo e nel volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di solidarietà, ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui l'azione diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace"; ha promosso il corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte (istituto scolastico in cui ha lungamente insegnato); è uno dei principali animatori del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e sui modelli di mobilità in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio]

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