Enorme successo della manifestazione di Confagricoltura a Bologna. 30 mila imprenditori agricoli hanno detto "no" ai nuovi oneri, valutati in oltre 1 miliardo di euro, che graveranno sulle imprese.

Allarme anche per la tenuta del sistema: la crescita dei costi di produzione e la progressiva perdita di produttività del settore pesano sul comparto agricolo italiano per 5,5 miliardi di euro.

A ciò si aggiungono i tagli al bilancio agricolo nazionale, inseriti nella Finanziaria 2009, che peseranno sul ministero delle Politiche agricole per quasi 500 milioni di euro. Una diminuzione del 25,6%, che si traduce in una minore capacità di intervento su numerosi capitoli di spesa e sul funzionamento della macchina amministrativa.

Nel 2009 - evidenzia l’Organizzazione agricola - mancheranno risorse importanti per il settore e aumenteranno fortemente gli oneri per le imprese, perché non è stata ancora rinnovata la fiscalizzazione per la montagna e le aree svantaggiate e non è stato rifinanziato il fondo di solidarietà nazionale. Un pacchetto di 500 milioni di euro.

“La competitività delle imprese del Sud, di tutte le aree di collina e di montagna - dice il presidente Federico Vecchioni - sarà seriamente compromessa, se non verrà prorogata e stabilizzata la legge 81. La misura è vitale, ma ad oggi non è stata individuata ancora nessuna copertura finanziaria.”

Una competitività che è oggi ulteriormente condizionata dall’atteggiamento degli istituti bancari, che fanno mancare i flussi di credito.

Il mancato rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, invece, mette a rischio la copertura assicurativa delle imprese agricole. “Pur riconoscendo l’importanza del problema – continua il presidente - il governo ha annunciato l’impossibilità di riconoscere la questione nell’ambito della legge Finanziaria.”

Resta poi da chiarire la questione dell’ICI sui fabbricati rurali, una tassa assolutamente illegittima che, se venisse applicata costerebbe alle imprese altri 800 milioni di euro. Confagricoltura è preoccupata perché, nonostante gli impegni ufficiali, manca un chiarimento da parte del governo sull’inapplicabilità di questa imposta a beni già assoggettati a tassazione a reddito domenicale.

“Non si tratta di politica, ma di tenuta della competitività, in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando - ha rimarcato il presidente della Confagricoltura -; soprattutto se si considera che tutti settori agricoli sono in difficoltà, dai cereali (con i prezzi medi calati del 40% e un aumento dei mezzi tecnici del 63%), all’olio di oliva (con il mercato fermo e i prezzi in discesa), dal vino, alla carne (con il crollo dei prezzi all’origine e la riduzione della mandria italiana)”.

Gli imprenditori agricoli reclamano oggi quanto promesso, affinché l’agricoltura italiana possa svilupparsi a vantaggio di tutti.

“Abbiamo apprezzato la volontà del governo di intervenire con misure specifiche anti recessione – aggiunge Luigi Pasqualetti presidente di Confagricoltura Viterbo Rieti -. Ricordiamo però che ci sono anche le imprese agricole, che rappresentano l’economia reale del Paese, per le quali devono essere previsti adeguati interventi nell’ambito del decreto a cui il governo sta lavorando.”

“Ci sembrano motivi sufficienti - prosegue il presidente Pasqualetti - per raccogliere il malessere diffuso nelle campagne e renderlo esplicito nelle forme più opportune; anche con manifestazioni che sono sempre attuate nel rispetto della legalità e dei cittadini.”

"Indubbiamente le manifestazioni di piazza non fanno alzare i prezzi dei prodotti agricoli - conclude il presidente Luigi Pasqualetti - ma questo non avviene neanche restando appiattiti verso il governo o con i farmers market che rappresentano solo una pia illusione per risolvere la grave crisi della nostra agricoltura. Fortunatamente ci sono organizzazioni come la nostra Confagricoltura che destano l'attenzione della politica e dell'opinione pubblica sulle questioni agricole attraverso una mobilitazione responsabile e consapevole. Questa non è demagogia e qualunquismo che probabilmente risiede in chi, in questi anni, ha fatto di tutto per dividere e per non far crescere il settore primario".

 

M. Lozzi

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