“Guardate la definizione che di Archeologo ed/od Archeologia fornisce la Treccani, come pure quelle del Dizionario del  Corriere o di Repubblica.it. Vi renderete conto quanto a riguardo venga usato un linguaggio improprio che rende difficile, se non impossibile, identificare la differenza che corre tra un archeologo ed uno scavatore”. In questo modo, seguito da unas imulazione in sala improntata al brain-storming, Tsao Cevoli-Direttore dell’Area Patrimonio Culturale del Centro studi Criminologici, ha cominciato, a Viterbo, sabato 23 Febbraio, la sua intensa ed appassionata Relazione, volta a sottolineare la differenza tra le suddette figure, ma anche quella tra l’Archeologia forense chee, attenendo all’oggetto, compete eminentemente all’aspetto medico legale e/con  quella giudiziaria che ne enuclea e denuncia i reati, comminandone la pena.

Non è solo la finalità scientifica a distinguere l’archeologo dal profanatore, bensi’ la consapevolezza che il danno maggiore perpetrato da un tombarolo non riguarda tanto-o non solo-l’oggetto trafugato, quanto tutte le informazioni che intorno allo scavo permettono di ricostruire un ‘mondo’, fatto dell’identità di un popolo e della sua Memoria.
Persino in riferimento all’articolo 9 della nostra Costituzione occorre disambiguizzare le parole: nel senso che mentre vi si cita il patrimonio culturale in quanto comprendente i beni immateriali, lo si riferisce di nuovo alla tutela come  Bene.

L’Archeologia giudiziaria ha, da un lato, abolito l’aggettivo inestimabile, che era ingiudicabile, affermando-per mezzo di periti-che tutto ed ogni singola cosa ha un valore, seppure controverso, stabilendo al contempo, dall’altro, che ammazzare la memoria e con essa l’identità di un popolo è-ben più che un reato-un vero e proprio crimine.

RACCONTARE LE COSE MENTRE ACCADONO:   solo cosi’ il giornalista, seguendo la lezione dell’archeologo italiano , impegnato in delicate  missioni di pace nell’ex Jugoslavia, Fabio Maniscalco, può  emanciparsi da quello che una volta come cronista locale sconfinava nella leggenda; evitando, nello stesso tempo, il rischio di trasformarsi in Umanitario nel senso Globalizzante lo stesso  in cui ad esempio, una volta, si presentava il Museo Imperiale col suo arrogante istinto all’appropriazione ed appartenenza.
Si può cominciare, magari, dal Patrimonio della propria città e territorio segnalando, ad uso di gruppi, scolaresche, turisti,  con simboli semplici, ma inequivocabilmente chiari, il modo corretto di avvicinarsi a cose e contesti di tanto valore.

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