Le diossine nei formaggi  ci sono, come sono nelle carni  e nel latte di alcuni allevamenti della zona che producono prodotti locali. Il fatto è così evidente e così grave che sono state abbattute più 1.500 pecore, contaminate dalla diossina, soppresse per urgenti motivi sanitari. Le pecore si sono ammalate a causa dell’aria inquinata respirata negli anni. Gli animali vivevano in 8 masserie non lontane dalla zona industriale di Taranto. In molte aree verdi del territorio inquinato un'ordinanza vieta il pascolo. La diossina era arrivata nell'organismo delle pecore e la loro carne avrebbe potuto essere molto pericolosa per l’uomo.  La Asl ha così ordinato di abbattere gli animali contaminati. Il servizio veterinario ha seguito tutte le fasi: 3 camion hanno prelevato le pecore trasportandole nel luogo della soppressione. Le loro carcasse,  in discarica, ricevono il trattamento ai rifiuti altamente pericolosi.

In passato non c'erano stati abbattimenti perchè non c'erano dati veri sul reale inquinamento.Dall'atmosfera, ai campi, gli inquinanti galleggiavano nell'area in abbondanza, sotto gli occhi di tutti. “Nessuno  immaginava che quel camino emettesse diossina”, dicono i rappresentanti di Peacelink, “l'unica cosa che vedevamo era quella torre di 200 metri e il suo fumo marrone che la sera si posava sul quartiere.”

Alla fine i dati veri, dopo anni di monitoraggi politici, sono venuti fuori ed ancora una volta i primi ad agire sono stati i cittadini, le associazioni ed i comitati della società civile. Le prime analisi sugli esseri umani le ha fatte alcuni mesi fa l'associazione Tarantoviva, con i soldi dei vari iscritti. E’ stato prelevato il sangue di dieci volontari, analizzato dal laboratorio Inca di Venezia: il sangue del campione delle persone più anziane, le più esposte, conteneva il livello di diossina più alto mai registrato nella casistica internazionale. Successivamente l'associazione “bambini contro l'inquinamento” faceva analisi sul latte materno di alcune donne tarantine mentre Peacelink faceva analizzare il formaggio locale. Il responso era sempre lo stesso: la diossina era dovunque. Nel formaggio ben 3 volte superiore al limite massimo tollerabile fissato dall'Ue, pertanto trattandosi di prodotti alimentari sono intervenute la magistratura che ha aperto un fascicolo e la Asl che ha avviato analisi e riscontri sul latte e sulle carni del bestiame delle masserie della zona. Le analisi ufficiali hanno  confermato che la diossina c’è ed arriva lontano, per chilometri.

Mentre le analisi proseguono, vietando il pascolo nelle aree contaminate, la Asl cerca di salvare dai veleni i prodotti tipici locali. 

Un centinaio gli allevamenti da controllare per evitare che la diossina di Taranto arrivi a tavola: le analisi dell´istituto zooprofilattico di Teramo hanno accertato che nella carne di pecore, capre ed agnellini allevati nel territorio dove si depositano i fumi inquinanti ci sono concentrazioni altissime di diossine e pcb, sostanze cancerogene per l´uomo. L’ Asl, d´accordo con  Regione ed Arpa, ne ha ordinato l´immediato abbattimento. Gli animali però sono ancora vivi: si sta cercando infatti un macello in grado di smaltire le carcasse con le adeguate garanzie. I tecnici vogliono essere certi che quella carne tossica non entrerà mai in commercio. Nel frattempo sale il numero di animali che saranno abbattuti. Molte delle bestie contaminate, infatti, sono gravide. Intanto il patron dell'Ilva Emilio Riva è entrato a fare parte della cordata Cai, quella che ha salvato l’Alitalia, investendo nel progetto molto denaro. I più maliziosi già temono che la contropartita per ringraziare chi ha investito così tanti soldi possa ricadere sulla pelle dei tarantini.

A Taranto è comunque bagarre politica. A fare alzare i toni la decisione del ministro dell´Ambiente, Stefania Prestigiacomo,  che a suo tempo ha cambiato l´intera commissione Aia sostituendo i tecnici nominati dal suo predecessore.

Sul loro tavolo c'era il futuro del più grande stabilimento siderurgico d'Europa e la salute di centinaia di migliaia di cittadini.  Quei tecnici avrebbero  deciso se concedere o meno all’ILVA l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia), un documento necessario per la prosecuzione dell'attività. Invece non decideranno nulla. Il ministro Prestigiacomo  li ha rimossi e al loro posto ha nominato tecnici di sua fiducia.

Attraverso un  decreto la Prestigiacomo ha indicato i 23 professionisti (tra ingegneri, giuristi e chimici) che dovranno decidere sul rilascio delle Autorizzazioni integrate ambientali. Tra i casi alla loro attenzione c´è anche, e soprattutto, il caso dell´Ilva di Taranto che entro marzo dovrà sapere se potrà o meno continuare la sua attività e soprattutto con quali limiti rispetto alle emissioni.

 “Una decapitazione del sapere tecnico-scientifico che dà forte ragione di inquietudine” dichiara il Presidente della Regione Puglia. Vendola  che a questo punto presenterà  al Consiglio Regionale una legge ad hoc che impone all'Ilva ed alle altre aziende che inquinano, la riduzione delle emissioni inquinanti. Sul problema interviene l' Assessore Comunale all'Ambiente Sebastiano Romeo, il quale ricorda che il Comune ha già consegnato al Comitato di Coordinamento - Accordo di programma area industriale di Taranto, un proprio importante documento in cui si afferma che per il rilascio dell'Aia dovranno essere prese in considerazione le situazioni ambientali e sanitarie in cui versa la città. Altrimenti l'Amministrazione Comunale si vedrà costretta ad utilizzare i poteri ad essa conferiti dalla legge: 1) potrà impugnare l'Aia successivamente al suo rilascio (come previsto dal D.Lgs. n. 59/2005); 2) il Sindaco, in quanto massima autorità preposta alla tutela della salute pubblica, potrà richiedere tutte le misure necessarie alla salvaguardia dell'ambiente e della salute dei cittadini in base al Regio Decreto n. 1265/34, ripreso anche dal D.Lgs. n. 59/2005.

E’ il momento di fare una scelta chiara e coraggiosa: bisogna decidere se salvare l’economia agricola  e cosa scegliere tra industria  e  salute.

A Taranto i cittadini preferiscono vivere.

Guarda il video al seguente Link: http://bari.repubblica.it/multimedia/home/4115714

 

M. Lozzi

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