In merito alle recenti notizie comparse su alcuni organi di stampa e relative alla mortalità degli ungulati selvatici nel parco, a causa delle eccezionali nevicate, viene precisato quanto segue: -la selezione operata dalla neve e dall’inverno è un fenomeno naturale, tutt’altro che eccezionale in aree di montagna come il Gran Paradiso e che ha effetti a lungo termine benefici sulla “qualità” della popolazione del Parco; -l’effetto della neve è, come dimostrato da recenti studi, rinforzato da quello della densità. In altre parole, se cade tanta neve la mortalità in popolazioni molto dense è maggiore: nel nostro caso la popolazione di stambecco è ai minimi storici dunque la preoccupazione per le densità eccessive su cui, secondo alcuni, si dovrebbe preventivamente intervenire, non ha ragione di essere; -un discorso un po’ diverso vale per caprioli e camosci in quanto, soprattutto questi ultimi, sono a densità elevate, quindi più esposti agli effetti della neve abbondante; -gli effetti della neve devono però essere valutati sull’intero decorso dell’invern in questa fase lo stato di allerta è giustificato ma non possiamo ancora prevedere come sarà la situazione tra uno o due mesi e quindi quale sarà la mortalità effettiva; -la storia del Gran Paradiso, come di molte aree protette di montagna, dimostra che questi eventi sono periodici e che nulla possa essere fatto per modificarli: gli sforzi profusi degli anni ’70 e ’80 per dare foraggiamento artificiale agli erbivori selvatici non ha portato a concreti risultati in termini di sopravvivenza, senza considerare il fatto che operazioni di questo tipo dovrebbero essere attuate sull’intera superficie dell’area protetta con costi ciclopici ed effetti addirittura controproducenti. Anche esperienze in altri paesi, tradizionalmente con inverni molto più rigidi dei nostri, come gli Stati Uniti e il Canada, dimostrano che il foraggiamento artificiale oltre a non essere una misura efficace per limitare la mortalità, ha effetti addirittura negativi per gli animali; -Il foraggiamento artificiale infatti porta a una concentrazione innaturale degli animali nei siti di foraggiamento, con la conseguenza di un aumento del rischio di predazione e di trasmissione di malattie che, nella situazione di debolezza in cui già si trovano molti soggetti a causa della rigidità dell’inverno, può facilmente sfociare in situazioni epidemiche; -Inoltre il sistema digestivo degli ungulati selvatici può necessitare di diverse settimane per adattarsi al fieno e, se gli animali non hanno sufficienti riserve di grasso per superare il periodo di adattamento, possono morire anche con le pance piene di un foraggio che non possono digerire; -La selezione operata dalla neve è di fondamentale importanza per una popolazione alpina e il declino degli stambecchi in questi ultimi anni lo dimostra: interi decenni senza neve hanno creato condizioni per un’anomala sopravvivenza di camosci e stambecchi che sono aumentati fino a circa 5.000 capi gli stambecchi e circa 8.000 i camosci nel 1993; dopo questo picco, pur persistendo la mancanza di neve, la popolazione di stambecchi ha continuato a diminuire fino agli attuali 2600 capi: questo minimo storico potrebbe essere proprio legato all’assenza di una selezione naturale operata dagli inverni che porta alla persistenza nella popolazione di un elevato numero di femmine vecchie e di bassa qualità che danno alla luce capretti deboli con ridotte probabilità di sopravvivenza (la sopravvivenza dei capretti infatti si è ridotta della metà negli ultimi 15 anni); -Male si adattano ad un’area protetta, infine, gli spesso invocati piani di controllo delle densità a scopo di prevenzione. Prima di tutto perché nell’unica popolazione autoctona di stambecco sopravvissuta sulle Alpi, protetta nel Gran Paradiso, ogni intervento di abbattimento sarebbe scientificamente sbagliato e controproducente, anche in termini finanziari. Nessuna vera selezione, se non quella numerica - oggi peraltro non necessaria, viste le scarse densità -, può essere attuata con l’uso della carabina e, per ottenere denaro sufficiente a sostenere le casse del Parco, sarebbero necessari tanti prelievi da trasformare la più antica area protetta d’Italia, una delle più importanti d’Europa, in un gigantesco mattatoio.

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