Cominciamo con una vicenda che somiglia molto a tante altre di casa nostra o alla vicina Grecia, dove ancora ardono i fuochi della ricorrente protesta giovanile, ad Atene, a Salonicco. Alla vigilia di Natale, il Corriere della Sera titolava “Brucia Malmoe”, città degli immigrati, intervistando Zlatan Ibrahimovic.
In Svezia, nel ghetto dall’eufemistico nome di Rosengard, un postaccio con tanti problemi e tanti emarginati, Ibra ha imparato e come a giocare il calcio, ha superato una selezione naturale delle più toste e pur mantenendo un indubbio profilo da malandrino è divenuto il grande campione che è… anche nei comportamenti non strettamente inerenti al goal. Quella di Zlatan è giusto l’eccezione che ci serve, ovvero che conferma la regola per cui lo sport è stato il mezzo educativo e di riscatto sociale di maggiore efficacia da sempre…
E qualcosa di più di noi ne sapeva Don Bosco, che nel suo Oratorio di Corso Valdocco a Torino già due secoli fa raccoglieva i “peggiori” e i meno fortunati per trasformarli in “migliori” e degni della fortuna con il suo sistema educativo in forte sinergia con lo sport.
Avevamo provato sconcerto per il disconoscimento burocratico dell’ente di promozione erede storico in linea diretta degli insegnamenti di Don Bosco e adesso plaudiamo alla sua riammissione,così come per i sessan’tanni dell’Unione Italiana Sport per Tutti, l’UISP, già Unione Italiana Sport Popolare, straordinaria fucina di quadri dirigenti dello sport italiano del dopoguerra, ma anche terreno di coltura di idee e proposte, purtroppo quasi sempre inascoltate… Anche per questo, pensiamo che lo sport inteso come grande opportunità educativa sia la grande occasione persa di ogni giorno, sul territorio, nella scuola, nelle comunità, tra gli immigrati.
Lo sport non è e non può essere soltanto quello delle medaglie, quello del tifo violento, quello del doping, dei processi e degli affari, compresi quelli dei gestori di tanti centri di sport e salute, ispirati subdolamente ad una suicida filosofia edonistica.
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