Domani sera al teatro romano

Un grande appuntamento, sabato 19 luglio, alle 21,15 al teatro romano di Ferento. Va in scena il “Sogno di una notte di mezza estate risognato da Puck il malizioso”, un testo di Giorgio Albertazzi e William Shakespeare con Giorgio Albertazzi, Serena Autieri e Giampiero Ingrassia con la partecipazione di Enrico Brignano e la regia di Giorgio Albertazzi.

Shakespeare è il re del teatro di tutti i tempi. Il Sogno è il testo più fiabesco, onirico e vivace di Shakespeare.

Giorgio Albertazzi è un gigante del teatro italiano e sicuramente il più grande interprete di Shakespeare in Italia. Ha interpretato, infatti, 14 testi shakespeariani, tradotto alcuni di essi e adattato tutti quelli che ha incontrato nelle sue esperienze di regia.

La distribuzione. La coppia dei sovrani (Titania e Oberon) saranno interpretati da attori Serena Autieri e Giampiero Ingrassia; il gruppo dei comici, cabarettisti e attori brillanti di diversa origine dialettale, con il loro capo comico Enrico Brignano; i quattro fidanzati, Teseo e Ippolita saranno interpretati da giovani attori di teatro; un corpo di ballo misto con coreografie originali; in scena anche lo stesso Giorgio Albertazzi nel ruolo di un imprevedibile Puk.

La musica: partendo dall’esperienza musicale di Mendelssohn, Giorgio Albertazzi ha affidato la composizione di musiche originali al Maestro Marco di Gennaro (già autore degli arrangiamenti da Duke Ellington e delle musiche originali per Shakespeare in jazz – in scena al teatro romano di Verona e in onda su Raidue nella scorsa stagione) che accompagneranno la messa in scena.

In sintesi: un grandissimo testo, grandi e varie interpretazioni, arricchite e integrate dalle nuove tecnologie digitali, musiche originali, secondo i ritmi e la chiave della messa in scena.

I costumi (di Elena Mannini), la scenografia (firmata Alessandro Chiti), gli effetti speciali, le luci e la musica, nelle proprie massime capacità espressive, saranno messi al servizio del testo e dell’interpretazione, senza perdere il proprio specifico valore artistico.

NOTE DI REGIA

Per tre volte ho sognato il Sogno di Shakesperare a Verona, due volte al Teatro Romano e la terza al Giardino Giusti. Sempre nel ruolo di Lisandro, regie di Salvini, Enriquez e Brissoni. Miei partner nel ruolo di Demetrio tre straordinari attori: Enrico Maria Salerno, Sbragia e Alberto Lionello. Siamo al quarto Sogno dopo un tentativo andato a monte quattro anni fa. Sognavo allora un Sogno spagnolo, forse sotto la suggestione di Jan Kott: donne altissime, fatali, grandi spacchi su cosce imperiose e uomini piccolissimi e arrembanti. Oggi siamo al quarto Sogno quindi. Questa volta il colpo è davvero insolito, per non dire sensazionale: questa volta faccio Puck. Non so ancora se in frac o in paillettes, non so ancora se con baffi e barba oppure con una testa rasata lucida con un punto interrogativo sulla nuca. So per certo che questo Puck secolare (sono quattro secoli che Puck fa il Puck nel Sogno di Shakespeare) si è stancato di fare il Puck e inventa perciò (o risogna?) un Sogno come una persuasione occulta all’ “amor libero” in un bosco che è poi il bosco della vita. “Nel mezzo del cammin…” no, questo non c’ entra! Che succede se Puck è un vecchio Puck in mezzo a due compagnie di attori, una diciamo istituzionale e l’ altra di guitti (o dilettanti geniali) che preparano entrambe, scontrandosi e non, due spettacoli da recitarsi nel giardino della dimora di un Capo che potrebbe essere un sindaco o un miliardario o semplicemente il capo di uno stato di banana? Puck volteggia su una specie di altalena che forse è la luna, Mito dominante nel testo di Shakespeare, qui sospesa fra un cielo popolato di parole scritte che vanno e vengono come su una lavagna luminosa e un prato che si incupisce e apre strane botole e trabocchetti.

Siamo alla vigilia della luna nuova. Bottom che qui si chiama Targa (Enrico Brignano) si allena a recitare Piramo nella “lamentevole istoria” e intanto snocciola un “essere o non essere” demotico e riottoso accompagnato in questo suo elucubrare da un merlo indiano di nome Cesare. Targa preso nella fascinazione notturna della luna sogna la prima attrice Titania (Serena Autieri) della compagnia del lord ciambellano, ma si dà il caso che la prima attrice, delicata, poetica ed ecologista, entri nel sogno di Targa, e viceversa. Il risultato sarà eroticamente catastrofico anche perché il primo attore Oberon (Giampiero Ingrassia) entra quasi per errore nella partouze sognando, forse, di trovarvi la sua antica amante Ippolita. I quattro innamorati sono intercambiabili: è un gioco a scambiarsi di coppia finché esausti, all’ alba, camminando a quattro zampe, riapriranno gli occhi alla realtà, come dopo una ipnosi.

C’ è una dominante malinconica da post coito triste che percorre il Sogno oltre la favoletta, le fatine, i caprifogli e le viole del pensiero. C’ è un eros profondo, una specie di gioco al massacro prima dello scampanio del lieto fine.

Il bosco è pieno di canti, suoni e di quel such sweet tender tanto caro a Ippolita regina delle Amazzoni. Canterà –perfino Puck- in un intreccio di corpi e di scansioni d’ amor carnale che riempie tutto l’ essere di ebbrezza e desiderio.

Tradurre è tradire, si sa, credo che il mio tradimento esalti l’ idea di mostrare un Puck finalmente diavolo e Arlecchino. Le maschere rivelano l’ animo con l’ aria di nascondere la fisionomia. L’ Eros è spesso brutale –come succede ne’ sogni delle educande e di Orfeo.

Le musiche originali di Marco Di Gennaro spaziano come gli abiti e i costumi di Elena Mannini dal quotidiano al simbolico, dalla danza rituale di Gloria Pomardi al pieno orchestra bernsteiniano –insomma un pastiche post-moderno- in un bosco-labirinto fra botole e lune basculanti di Alessandro Chiti.

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