MONTALTO DI CASTRO - VITERBO (UnoNotizie.it)

Le Associazioni Ambientaliste in intestazione osservano:

 

Valutazioni generali

la variante al P.R.G. appare non condivisibile nella sua impostazione, in quanto espressamente finalizzata al raggiungimento di obiettivi strategici che si pongono in contrasto con le esigenze di tutela del territorio e dei suoi valori paesaggistici, naturali ed archeologici, nonché di salvaguardia delle attività agricole caratterizzanti.

 

La stima del fabbisogno sia di abitazioni che di nuove costruzioni a destinazione produttiva, commerciale e turistica è evidentemente sovradimensionata, superando di gran lunga i parametri usuali (abitanti insediabili nel decennio + 47% rispetto agli attuali, nella riconosciuta inesistenza di un fabbisogno pregresso per coabitazione o sovraffollamento!) ed estremamente superficiale, in quanto mancano ogni seria analisi degli andamenti demografici prevedibili, ogni credibile individuazione degli obiettivi di sviluppo delle attività economiche (le nuove residenze turistiche ammontano al 50% del totale previsto per tutte le altre esigenze, in una situazione nella quale anche in agosto ormai da alcuni anni molte seconde case rimangono vuote e sfitte, mentre la campagna è cosparsa di rustici frettolosamente tamponati e coperti, ma mai completati, in attesa di acquirenti) e ogni valutazione della compatibilità degli stessi con un armonioso assetto del territorio.

 

Si propugna uno sviluppo fondato sulla “ripresa dell’attività edilizia” (in realtà anche troppo frenetica) e sullo sfruttamento della c.d. “Risorsa Mare” – essenzialmente in senso turistico - senza formulare alcuna analisi delle diverse componenti della domanda e dell’offerta (turismo balneare giornaliero, proprietari di seconde case, locazioni stagionali, agriturismo, alberghi, residence, campeggi) e del differente impatto che ciascuna di esse può avere sul consumo di territorio e sull’assetto socio – economico della comunità; pur prendendo atto, almeno formalmente, dei vincoli imposti dai Piani sovraordinati, non si tengono in alcun conto l’alto valore naturalistico delle residue porzioni di costa ancora non edificate e l’esigenza prioritaria di conservare i caratteri fisici e culturali del territorio agricolo, sia costiero che collinare, anche al fine di mantenerne nel tempo la capacità attrattiva e di favorire la diversificazione e destagionalizzare delle attività turistiche.

L’affermata vocazione turistica del territorio viene, peraltro, contraddetta dalla previsione di impianti produttivi, non solo artigianali, ma anche industriali di dimensioni ed impatto decisamente rilevante, irrazionalmente sparsi sul territorio comunale ed anche nelle zone agricole di pregio.

 

In particolare, e premesso che tratteremo prevalentemente delle questioni relative al territorio della frazione di Pescia Romana,  appaiono del tutto inaccettabili le seguenti scelte:

 

TERRITORIO AGRICOLO

1. gravissima appare la previsione di una ulteriore riduzione del lotto minimo edificabile nelle zone agricole non sottoposte a vincolo paesaggistico (3 ha per le zone E3 “agricole speciali”, 2 ha per le zone E2 “agricole normali”, ed addirittura 1 ha per le zone E1 “agricole marginali”), in contrasto con gli obiettivi e le indicazioni del P.T.P.R. (che comunque prevede superfici minime di 10, 5 ovvero 3 ha, quest’ultima esclusivamente nelle zone classificate come “zona agricola di continuità” perché contigue ai centri abitati e già interessate da fenomeni di frammentazione fondiaria), e l’assenza di ogni disposizione intesa a garantire l’effettiva destinazione a servizio dell’azienda agricola delle nuove costruzioni e ad evitare il frazionamento fondiario (non serve, infatti, prevedere che l’azienda non possa essere frazionata dopo l’edificazione, se il lotto minimo è così ridotto).

E’, vice versa, assolutamente necessario commisurare il lotto minimo a superfici fondiarie idonee all’effettivo esercizio dell’attività di coltivazione su tutto il territorio agricolo (a titolo indicativo, non meno di dieci ettari per le aziende di nuova costituzione e l’intera originaria superficie del podere per quelle già esistenti), subordinando la possibilità di nuova edificazione alla dimostrazione di tale effettivo esercizio e della assoluta necessità dei nuovi manufatti per le esigenze di coltivazione del fondo, onde arginare il gravissimo degrado già in corso, che sta trasformando l’intero territorio comunale in una lottizzazione a bassa densità, distruggendo progressivamente sia le sue caratteristiche fisiche che la sua identità socio – culturale, in quanto contribuisce a rendere economicamente insostenibile la prosecuzione dell’attività imprenditoriale agricola, premiando invece la realizzazione speculativa della rendita fondiaria;

 

2. non può ritenersi giustificata la conferma delle varianti di destinazione già deliberate, relative alle superfici già interessate dai progetti presentati nel quadro del Contratto d’Area, ma non approvati perché ritenuti non compatibili; ciò, in quanto la conferma della variante di destinazione potrebbe consentire la realizzazione di interventi altrettanto devastanti di quelli non approvati, senza neppure i vincoli derivanti dalla necessità di rispettare i requisiti previsti dal Contratto d’Area in termini di investimento ed occupazione.

 

ZONA LITORANEA DI PESCIA ROMANA

3. Più in particolare, con riferimento alle aree a valle della linea ferroviaria, già soggette a vincolo paesaggistico,  ed ora individuate dal P.T.P.R. come “zona naturale agricola” e/o “zona agricola di pregio”:

 

  1. è assolutamente da revocare la variante relativa alla zona boscata compresa fra i due comparti della lottizzazione di Costa Selvaggia (a suo tempo autorizzata in deroga in zona soggetta a vincolo ex lege), area che deve, invece, essere assoggettata a strettissima tutela, insieme con tutta l’area circostante, per tutti i motivi di cui ai punti che seguono;

 

  1.  non è accettabile la previsione di un aumento della superficie delle aree destinate a campeggio, totalmente in contrasto con le disposizioni e gli obiettivi del Piano Regionale. Quelle già esistenti, infatti, sono il massimo che la zona può sopportare e non devono assolutamente essere incrementate, anche in considerazione dell’eccessivo affollamento che già si registra sull’arenile nei fine settimana dei mesi estivi e della conseguente dequalificazione dell’offerta turistica, a prescindere dai gravissimi danni ambientali che tale situazione comporta per l’integrità del cordone dunale e la erosione del litorale sabbioso;

 

  1.  del pari non è accettabile la previsione di nuova viabilità parallela alla costa ed a breve distanza dalla stessa, che dalla Strada delle Graticciare dovrebbe attraversare, lungo il tracciato della stradina sterrata interpoderale denominata Longarina ed oltre, fino a raggiungere ed incrociare la strada di accesso a Marina di Pescia, l’area sopra descritta, con il discutibile obiettivo di collegare fra di loro le strade perpendicolari alla costa che già consentono l’accesso al litorale. Infatti, non vi è alcuna necessità di assicurare un collegamento trasversale parallelo alla costa ulteriore rispetto alla viabilità esistente, in contrasto con tutti i principi di buona pratica urbanistica e di tutela degli ambienti costieri che, anzi, raccomandano di evitare la creazione di linee di antropizzazione parallele alle coste e di circoscrivere i punti di accesso. Anche il Piano Provinciale della Mobilità, al quale è fatto riferimento, localizza tale collegamento trasversale in posizione molto più interna, in prosecuzione della S.P. del Chiarone e in adiacenza alla linea ferroviaria – soluzione sempre discutibile, ma meno dannosa di quella prevista nella Variante osservata.

 

Le previsioni ora discusse dimostrano che, evidentemente, l’Amministrazione Comunale non ha ancora percepito e recepito la straordinaria importanza naturale, culturale e paesaggistica della zona litoranea settentrionale del territorio amministrato, la quale, nonostante le ferite rappresentate dalla lottizzazione di Costa Selvaggia e da alcune recentissime nuove costruzioni purtroppo autorizzate prima della pubblicazione del P.T.P.R. lungo la già menzionata stradina sterrata interpoderale denominata Longarina, nonché, ovviamente, dalla presenza della Centrale Enel, costituisce ancora un eccezionale continuum con la fascia costiera, pressoché intatta, del confinante Comune di Capalbio a Ovest e con il fronte costiero della Tenuta Guglielmi che si estende ad Est della Centrale Enel “Alessandro Volta” fino alla foce del Fiora. Essa presenta, infatti, un cordone dunale relativamente ben conservato, un piccolo, ma pregevole e rarissimo esempio di bosco costiero mediterraneo e mantiene, altresì, il tipico retrostante ambiente di campi soggetti a periodici allagamenti, con presenza di pozze temporanee, giuncheti e canneti, ed il relativo popolamento faunistico.

Questa zona deve essere protetta in modo rigorosissimo, come del resto dispone il P.T.P.R. e come impone la presenza di ben 2 S.I.C. (sono tali sia il litorale che il fondo marino antistante), di una Z.P.S. e di un vincolo paesaggistico.

 

Pertanto:

Ø  l’accesso al mare dei bagnanti deve continuare ad avvenire mediante le esistenti strade perpendicolari alla costa, da assoggettare eventualmente ad opportuna riqualificazione, e da dotare di aree per il parcheggio ad uso stagionale (prive, quindi, di strutture fisse ed a fondo naturale), opportunamente distanziate dalla zona dunale, nonché, auspicabilmente, di un servizio navetta e/o di una pista ciclabile di collegamento con il centro abitato (Piazza delle Contrade);

Ø  dovrebbero essere assolutamente vietati il transito con mezzi a motore, eccettuati i veicoli diretti all’interno delle proprietà private, sulla strada sterrata che costeggia il bosco fra le località Casalaccio e Marina di Pescia e l’accesso carrabile alla Foce del Tafone;

Ø  la zona della Foce del Tafone dove, a seguito di una alluvione, si è formata e permane una piccola zona umida, con frequente presenza di avifauna acquatica, dovrebbe essere opportunamente riqualificata inibendo, appunto, l’accesso ai veicoli e rinaturalizzando il cordone dunale, che attualmente è ridotto ad una spianata polverosa per il continuo transito e sosta di auto e campers. E’ assolutamente urgente, inoltre, procedere all’effettivo abbattimento delle numerosissime baracche e costruzioni abusive, più o meno precarie, sorte lungo la riva del fiume.

 

ABITATO DI PESCIA ROMANA

4. si osserva, inoltre, la mancata previsione di un’adeguata tutela dei caratteri tipici e peculiari dell’abitato di Pescia Romana, dove solo l’isolato al centro del Borgo Vecchio è classificato come zona A e tutte le aree ancora libere sono individuate come zona di espansione, mentre dovrebbero essere sottoposti a tutela anche il Borgo Nuovo e gli altri “segni” identitari costituiti dal gruppo di silos e capannoni a capriate situati fra il Borgo Nuovo e il Borgo Vecchio e, in generale, tutti gli edifici espressione dell’architettura rurale tradizionale antecedenti alla Riforma Agraria, presenti nell’abitato e nelle immediate vicinanze, intorno ai quali dovrebbe essere mantenuta un’ampia fascia a verde per non snaturare il contesto di tali edifici.

 

PORTO ALLA FOCE DEL FIORA

 5. Altra previsione estremamente pericolosa è rappresentata dalla conferma del  porto alla Foce del Fiora, per il quale è stata recentemente presentata una domanda di concessione, che coinvolgerebbe non più la riva sinistra del fiume, bensì un vasto tratto di arenile a destra della foce e comporterebbe addirittura la realizzazione di un molo e di una diga foranea a mare.  Come è già stato già osservato nel dossier su i Porti del Lazio di Legambiente del 2006,  si tratta di un intervento ad alto rischio ambientale. “Il problema di maggior rilievo è quello delle interazioni tra le strutture portuali e le dinamiche fluviali e costiere (…) con un elevato valore naturalistico dell'area. Fatti non secondari, vista la dinamica che vede perdere in diversi casi ampi spazi dalle spiagge del Lazio di anno in anno, in cui un porto rischierebbe di creare serie interferenze con l'evoluzione idrografica del fiume, con il trasporto solido fluviale e costiero”.

La realizzazione di un porto turistico alle foci del Fiora è assolutamente inaccettabile per ragioni di sicurezza idraulica, stante il regime torrentizio del corso d’acqua, per le negative conseguenze sul regime delle correnti e la stabilità del litorale sabbioso, con inevitabile aumento dell’erosione, dovuto alla diminuzione dei naturali depositi portati dal fiume, per l’incompatibilità con il P.U.A., che esclude il rilascio di qualsiasi concessione nella zona di litorale compresa fra la foce del Tafone e la foce del Fiora, destinata ad oasi naturale “di fatto”, per l’inevitabile peggioramento della qualità delle acque e per l’inquinamento dell’aria ed il rumore, che verrebbero causati da un aumentato traffico di barche a motore lungo tutta la costa.

Sebbene essa sia prevista dalle Linee guida del piano della mobilità della Regione Lazio (approvato con delibera dalla Giunta Regionale il 23 febbraio 2006, ma che ha semplicemente “copiato e incollato” quanto già previsto dal vecchio aggiornamento del piano porti del 1998, atto assolutamente sovradimensionato e che dovrebbe essere profondamente rivisto alla luce dell’aggravarsi dei problemi di erosione delle coste della Regione), si ritiene che il Comune non possa, nell’inseguimento di una insostenibile ed ormai superato modello di sviluppo economico come intensificazione dello sfruttamento delle risorse naturali non riproducibili del territorio, dare seguito ad un progetto che appare senz’altro devastante non solo per l’area nella quale verrebbe realizzato, ma per l’equilibrio geologico ed ecologico di tutta la costa.

 

per Comitato Terra di Maremma – associazione ambientalista per la difesa del territorio

Lorenzo Sestieri 
Susanna Spafford


per
LIPU SEZIONE DI VITERBO

Enzo Calevi
 

per LEGAMBIENTE CIRCOLO DI VITERBO 

Pieranna Falasca


- Uno Notizie Montalto di Castro (Viterbo) -

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