Angelina Jolie e mastectomia per prevenire cancro al seno, ultime notizie Milano - “La recente esternazione di Angelina Jolie in merito alla sua decisione di farsi togliere entrambe le mammelle per timore di un cancro è stata davvero potente. Ma può avere valore di utilità solo se interpretata con buon senso”. Ad affermarlo è il noto medico Giorgio Macellari, direttore dell’Unità Ospedaliera di Chirurgia Senologica dell’Ausl di Piacenza e membro del direttivo nazionale dell’Associazione Italiana di Bioetica in Chirurgia (AIBC). “Da un lato – prosegue il prof. Macellari - la notizia è un bene, perché attira l’attenzione delle donne su un problema poco conosciuto, quasi negato: la possibilità che un tumore al seno colpisca in età giovanile, fra i 30 e i 40 anni, o anche prima. Da un altro lato, però, è un male, perché può seminare il panico e avviare a scelte sbagliate.


In effetti, dopo il suo outing, i centralini di molti istituti di genetica sono stati bersagliati da donne confuse e spaventate. E la risaputa emotività della popolazione italiana non aiuta. Ci vuole un po’ di razionalità”.“Prima di tutto va sottolineato – aggiunge Giorgio Macellari - che la scelta di Jolie era motivata dalla sua condizione, ben accertata, di portatrice di una variante mutata del gene BRCA-1, notoriamente capace di aumentare il rischio di cancro al seno fino all’80%. Poi va chiarito che la maggior parte dei tumori mammari appartiene a quelli “sporadici” (ai quali la popolazione femminile è esposta con un rischio medio del 10%); mentre i tumori a base genetica (come quello di Jolie) rappresentano una stretta minoranza, circa il 7% del totale: quindi, niente panico. A questo punto si tratta di dare qualche consiglio alle donne, per orientarle verso scelte intelligenti e personalizzate”. “Il primo è – spiega ancora il responsabile dell’AIBC - verificare se appartengono alla nicchia con possibile mutazione genetica, con una rapida analisi della loro storia familiare per accertarsi se riscontrano, ad esempio, una di queste eventualità: più di tre casi di tumore mammario comparsi prima dei 50 anni; oppure due casi di tumore mammario e un caso di tumore ovarico a qualsiasi età; o due sorelle affette da un tumore ovarico e/o un tumore mammario prima dei 50 anni; o un caso di tumore mammario a carico del padre o di un fratello. In simili circostanze ha senso chiedere la consulenza di un genetista medico e sottoporsi al test per confermare la mutazione. Diversamente, fare il test è semplicemente inutile”.“Se, fatto il test, questo è positivo, bisogna decidere come comportarsi – afferma Macellari - E qui viene la parte più difficile, perché non ci sono soluzioni attraenti. Una strada è quella scelta da Jolie. Ma non tutte le donne con BRCA mutato possono avere lo stesso coraggio – o la stessa paura – dell’attrice.


L’opzione chirurgica, estrema e irreversibile, trova maggior condivisione negli Stati Uniti. Ma la mentalità dei senologi europei è diversa: qui prevalgono soluzioni più morbide, come la sorveglianza dello stato di salute del seno con visite, ecografie, mammografie e risonanze magnetiche a brevi cadenze periodiche; l’obiettivo è sorprendere la crescita del tumore in fase iniziale, quando la sua curabilità è ancora altissima. Un’alternativa è la prevenzione con farmaci capaci di controllare la proliferazione tumorale, come il Tamoxifene e la Fenretinide. Per tutte le donne portatrici del danno genetico, infine, è suggerito uno stile di vita salutistico, oltre alla raccomandazione di non usare contraccettivi orali. In ogni caso, trattandosi di scelte che possono modificare profondamente la vita, per tutte queste procedure la donna deve affidarsi solo ai centri abilitati a farlo: in Italia ce ne sono diversi, lì può trovare i professionisti più competenti per aiutarla. Alla donna che già vive con le sue ansie, non se ne possono davvero aggiungere altre”.


“Le donne – spiega il direttore del Direttore dell’Unità Ospedaliera di Chirrugia Senologica di Piacenza - devono anche sapere che la mutazione genetica non è un destino assicurato e che nemmeno la chirurgia estrema può eliminare completamente il rischio (lo può ridurre del 90-95%) perché è impossibile rimuovere completamente la ghiandola. Una rigorosa sorveglianza periodica sembrerebbe proprio la soluzione più ragionevole”. E, infine, Macellari conclude con un pizzico di filosofia: “Il cancro fa parte dell’esistenza, ma non la rende più incerta, semplicemente fa riflettere sull’incertezza stessa della vita. Temere la propria morte è morire prima del tempo. Nessuno è immortale, ogni giorno è un dono”.



AIBC – Associazione Italiana di Bioetica in Chirurgia

Via Mario Bianco 5 - 20131 Milano





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