Teatro, spettacoli, Sicilia - Una divertente commedia in tre atti dal titolo «Non è vero, ma ci credo» di Peppino De Filippo è andata in scena al Teatro «Trifiletti» attirando un buon numero di spettatori. A rappresentarla è stata la compagnia «Gruppo Teatro Libero» diretta da Salvatore Amato e composta, oltre allo stesso regista, da Antonio Calì, Maria Adele Martinez, Marcello Amato, Stefania Pergolizzi, Patrizia Arinella, Francesco Veneziano, Enzo Giuffré, Luca Amato, Mimma Terranova, Franco Ruggeri, Silvia La Loggia, Luisa Amato.
Il commendatore Gervasio Savastano è perseguitato dalla superstizione; i suoi affari vanno male e crede che la colpa sia di un suo dipendente, Belisario Malvurio, cui conferisce un ascendente funesto; nella sua famiglia vi sono anche problemi: la figlia Rosina si è innamorata di un giovane impiegato, che egli reputa non confacente alla ragazza. Improvvisamente la fortuna sembra sorridergli, poiché in azienda arriva il giovane Alberto Sammaria, gobbo.
Con il suo arrivo gli affari cominciano ad andar bene. La figlia del commendatore ritrova la serenità, il giovane, di cui era follemente affascinata, è diventato un lontano ricordo. Allorquando tutto pare andare liscio Alberto Sammaria confessa al commendatore di essersi innamorato di Rosina, essendo per tale motivo costretto a dare le dimissioni. Savastano è disperato, ma convincerà sua figlia a sposare Sammaria.
Dopo un iniziale resistenza, la ragazza si convince, ma un incubo lo attanaglia: i suoi nipotini potrebbero ereditare il difetto fisico di Sammaria. Durante il ricevimento matrimoniale il commendatore, non riuscendo a rimuovere i suoi timori, comunica ai ragazzi la sua intenzione di invalidare le nozze, ma scoprirà di essere stato raggirato, poiché Sammaria è il giovane di cui Rosina era continuamente innamorata e la gobba era solo uno stratagemma per consentirgli di entrare nelle grazie del futuro suocero.
Il commendatore acconsente dunque all’amore dei due giovani. Nonostante l’ilarità, la trama è contrassegnata da una vena di amarezza dovuta al condizionamento psicologico dei pregiudizi superstiziosi capaci di influenzare ogni sfera dell’esistenza umana, che dalle azioni si spinge finanche agli affetti umani. La morale a chiusura della rappresentazione dimostra che in realtà porta sfortuna soltanto essere superstiziosi.
Gli attori hanno dimostrato un notevole talento calandosi nei ruoli, che, seppure appartenenti ad altre epoche, riflettono l’attualità dei nostri giorni ancora piena di stereotipi e di riti ancestrali in antitesi allo spirito dei tempi. Essi hanno offerto agli astanti la riflessione di contare sulle proprie forze senza essere succubi agli eventi del destino.
Foti Rodrigo