MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI E SERVIZI AGGIUNTIVI, Confcultura: ''Le gare dei musei sono da rifare''.
Ultime notizie Lazio, Roma - Le gare per assegnare i servizi dei musei sono da rifare, chiede Confcultura, l'associazione che riunisce la maggior parte dei concessionari, la quale ha inviato una lettera in tal senso al nuovo ministro dei Beni culturali, Giancarlo Galan, alle tre direzioni regionali che hanno già avviato le procedure di selezione, all'Antitrust e all'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.



Il motivo per cui si chiede lo stop alle gare è la mancanza di tenuta imprenditoriale del sistema, che è anche viziato da illegittimità, sostiene Confcultura. Già due Tar – del Lazio e della Calabria – hanno censurato alcune clausole contenute in due specifici bandi, clausole che però si ritrovano in quasi tutte le 23 gare predisposte dal ministero e per le quali si è conclusa la fase della dimostrazione di interesse da parte degli imprenditori. In quattro realtà – Cerveteri, Tarquinia, Paestum e Ravenna – si è anzi andati avanti e sono stati predisposti i capitolati e si sono raccolte le offerte dei concessionari, anche se ancora le buste non sono state aperte.


«Ma anche nei capitolati – afferma Patrizia Asproni, presidente di Confcultura – si ritrovano gli stessi vizi presenti nei bandi di gara. Permane, pertanto, la totale mancanza di sostenibilità economica delle condizioni poste dal ministero, che non consentono una gestione efficiente ed efficace dei servizi. Ecco perché abbiamo chiesto ai Beni culturali di ritirare i bandi in autotutela e di avviare insieme un tavolo dove studiare nuovi percorsi».
La stessa richiesta è stata inoltrata anche alle tre direzioni regionali che hanno predisposto i capitolati, ma sia dal ministero sia dalla periferia non sono arrivate risposte. O meglio, la direzione della Campania si è fatta sentire, ma per dire che non può dar corso alle richieste di Confcultura. «Eppure – aggiunge Asproni – la scarsa partecipazione alle gare dovrebbe far riflettere, perché è il più chiaro segnale che in queste condizioni i concessionari non possono lavorare. E non ci si venga a dire che puntiamo soltanto ai musei famosi, quelli dei grandi numeri. Siamo interessati anche ai siti minori, purché si riesca a far quadrare i conti. Obiettivo che, invece, diventa sempre più lontano, soprattutto dopo la parcellizzazione delle concessioni prevista dalle nuove linee guida per le gare dei servizi museali».


Il riferimento è allo "spezzatino" che ha previsto, in uno stesso luogo d'arte, selezioni diverse per l'affidamento della biglietteria, delle librerie, dei servizi di ristorazione. Regole che il ministero ha messo a punto ricorrendo anche a consulenti esterni pagati 200mila euro. «Nonostante questo le linee guida non funzionano», commenta la presidente di Confcultura, che stigmatizza anche la filosofia delle aperture gratuite straordinarie avviate dal ministero nel 2010.


«Non siamo affatto contrari a simili operazioni di marketing – afferma Asproni – e se a suo tempo abbiamo presentato un esposto contro tali iniziative è perché il ministero avrebbe dovuto avvertire i concessionari interessati. Così come vuole il contratto sottoscritto da entrambi. Invece, i Beni culturali hanno sempre agito in maniera unilaterale». Il riferimento è al direttore della valorizzazione, il civil servant Mario Resca (così come si è definito nell'intervista al Sole 24 Ore del 4 maggio). «Civil servant – replica Asproni – è il direttore degli Uffizi, che guadagna 1.600 euro al mese e lavora dieci ore al giorno. Resca si porta a casa 160mila euro l'anno e continua a rimanere nei consigli di amministrazione di molte società, oltre a essere presidente di Confimprese. Con un'incompatibilità palese».

FONTE: Il Sole 24 Ore

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