Seguirono Sleepless
Nights nel 1978 e, soprattutto, Big Nudes nel 1981 che rimangono tuttora
gli unici volumi concepiti e curati da Helmut Newton e che la mostra
romana riunisce esponendo 180 immagini ristampate sotto la supervisione
della moglie June. In White Women Newton porta il nudo all’interno del
mondo della moda, ottenendo immagini così sorprendenti e provocanti che
rivoluzionano lo stesso concetto di fotografia di moda e diventano
testimonianza della trasformazione del ruolo della donna nella società
occidentale.
Anche Sleepless Nights, uscito due anni dopo, è incentrato sulle donne, sui loro corpi, sugli abiti ma, conduce a una visione che trasforma le immagini da foto di moda a ritratti, e da ritratti a reportage da scena del crimine. È un volume a carattere più retrospettivo che raccoglie in un’unica pubblicazione i lavori realizzati da Newton per diversi magazine (Vogue, tra tutti) ed è quello che definisce il suo stile rendendolo un’icona della fashion photography.
Le sue modelle vengono
ritratte sistematicamente fuori dallo studio, in strada, spesso in
atteggiamenti sensuali, a suggerire un uso della fotografia di moda come
puro pretesto per realizzare qualcosa di totalmente differente e molto
personale. È con la pubblicazione di Big Nudes avvenuta nel 1981 che
raggiunge il ruolo di protagonista nella fotografia del secondo
Novecento.
Qui inaugura una nuova dimensione, quella delle gigantografie che entrano nelle gallerie e nei musei di tutto il mondo. Il percorso espositivo permetterà al visitatore di conoscere una storia diversa e più segreta rispetto a quella più diffusa. Se infatti l’opera di Newton è sempre stata ampiamente pubblicata, e con grande successo, sulle più importanti riviste di moda, non necessariamente la selezione degli scatti, compiuta dalle redazioni, esprimeva in modo compiuto anche il pensiero dell’artista che le aveva realizzate.
Nelle immagini di questa
mostra, invece, è il fotografo stesso che definisce com’è e qual è la
storia che vuole raccontare al suo pubblico. Infatti, l’occhio di Newton
ha la capacità di scandagliare una realtà che, dietro alla suprema
eleganza delle immagini, consente di intravedere un’ambiguità di fondo
di cui erotismo e morte non sono che due aspetti della stessa ricerca di
verità che si estende al di là di ogni convenzione.
Nel selezionare le
fotografie per i libri di cui lui stesso è l’editore, Newton mette in
sequenza, l’uno accanto all’altro, gli scatti realizzati per altre
committenze con quelli realizzati liberamente per se stesso, costruendo
una narrazione in cui la ricerca dello stile, la scoperta del gesto
elegante sottendono l’esistenza di una realtà ulteriore, di una vicenda
che sta allo spettatore stesso interpretare.
Molte di queste immagini sono particolarmente significative da questo punto di vista: il ritratto di Andy Warhol colto nella stessa posizione di una statua della Madonna fotografata in una chiesa toscana, Nastassia Kinsky che abbraccia una bambola dalle sembianze di Marlene Dietrich, o la fotografia della donna al cimitero del Père Lachaise di Parigi, o ancora, la sequenza delle donne imprigionate da protesi che, rimediando a un danno fisico, non sono tanto dissimili, in verità, dal make-up che corregge un difetto estetico.
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