A ripensarci oggi, non sembra neanche vero. Quel giorno, prima della partenza, frugai nel tascapane: avevo solo un mio libretto di poesie sull'Arcionello, pochi e nudi versi, composti e pubblicati in tempi non sospetti. E qualche rigo di Bianciardi, Calvino, Pasolini. Mi sentivo addosso l'innocenza di Don Chisciotte e la malizia di Peter Pan. Tutto qui.
Nient'altro, lo giuro. L'Arcionello non esisteva più, scomparso da decenni dalle carte urbanistiche e dalle mappe dell'immaginario e della memoria civica. Le ruspe erano tornate per cancellare la valle. Nessuno sembrava darsene pensiero. Voglio essere sincero: in quel limpido mattino d'ottobre, più limpido e più bello perché nella notte era piovuto, pensavo che saremmo stati quattro gatti. I soliti quattro gatti. E invece. Mi voltai per dare il via alla prima passeggiata-racconto e trovai ad accogliermi una folla di sguardi e di sorrisi. Dolci e intensi, gioiosi e rigorosi.
Eravamo uomini schietti. Eravamo donne belle e orgogliose. Eravamo vecchi pieni di saggezza. Eravamo bambini sognanti. Eravamo cittadini viterbesi. E del mondo. Eravamo una magica miscela di intelligenza e di creatività, di voglia di combattere giocando, sognando. E siamo partiti. Abbiamo protestato. Ma poi, e soprattutto, abbiamo studiato, esplorato, progettato, proposto e dialogato. Sembrava una battaglia impossibile. Sembrava che avessimo sfidato le montagne. E invece. L'impossibile è accaduto. Abbiamo vinto.
Da oggi l'Arcionello è un Parco. Da oggi l'Arcionello è Legge. In questa città, bellissima e infelice come Cenerentola, non era mai accaduto. Che un pugno di cittadini pieni di ardore e di passione fermasse la classe dirigente e la convincesse ad ascoltare il gorgoglio d'un fosso, la voce del genius loci. A uscire per una volta dai teatrini del Palazzo e del Potere. A mettersi le scarpe da trekking e a scendere con noi giù nella valle. A riscoprirla nella sua pittoresca bellezza. A incidere un segno nuovo e diverso, importantissimo, nella controversa e sofferente storia urbanistica di Viterbo. Sono passati cinque anni da quel giorno. Intanto ognuno di noi moriva e rinasceva mille volte, perché la vita è incessante trasformazione. “Meravigliosa straziante bellezza del creato”, direbbe il Totò di Pasolini.
Da oggi le nuvole sull'Arcionello sono più belle. Sono il passato che torna e si trasforma. Sono il futuro atteso come un dono. Da oggi i “guerrieri” di una delle più belle battaglie che questa città abbia mai combattuto sono più stanchi. Ma anche più felici. Viterbo è più felice. Anche il piccolo poeta è stanco. Torna a seppellire l'ascia di guerra. Impugna il calumet della pace. Coccola i suoi adorati figli. Sogna la sua Giglio Tigrato. E se ne torna nella sua casetta. Torna a scrivere libri, tenere conferenze, recitare a teatro. Viterbo ha il suo Parco. Finalmente. Un grande abbraccio e un grazie di cuore. A tutti voi.
Antonello Ricci
per il Coordinamento "Salviamo l'Arcionello"
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