TARQUINIA -VITERBO (UNONOTIZIE.IT)

L’idea è nata in seguito alla visita delle città etrusche del Lazio dove è stato magistralmente animato il rito della morte di Adone che vedeva protagoniste le sacerdotesse del tempio al quale viene associata l’antica pratica della prostituzione sacra.

Lungo le sponde del Mediterraneo esistevano Templi  presso i quali con modalità diverse si praticava questa usanza: Corinto, Cipro, Cartagine, Erice, Pyrgi.

 

Gravisca, il porto greco della Tarquinia Etrusca, si aggiunge all’elenco in seguito ai ritrovamenti frutto degli scavi che vanno avanti ormai da molti anni e che si sono concentrati sull’area sacra ed in prossimità del tempio dedicato in tempi diversi ad Hera, Afrodite, Demetra.

Non si tratta di una scoperta frutto di un rinvenimento eccezionale come nel caso del ritrovamento dei Templi di Pyrgi, ma di una constatazione che i vari reperti propongono in maniera inequivoca.

Circa la frequentazione dei Greci a Tarquinia è nota la storia del mercante Demarato di Corinto che non potendo sopportare la tirannia di Cipselo nella sua città, scelse di venire a vivere a Tarquinia, sposando qui una donna che gli avrebbe dato due figli il secondo dei quali diventerà Tarquinio Prisco re di Roma. Ma Strabone ci informa anche che a Corinto esisteva un tempio custodito da circa mille fanciulle dedite alla prostituzione sacra. Quindi tutto lascia pensare che il tempio,utilizzato successivamente anche dagli Etruschi, sia stato costruito, come l’intero Emporio, dai Greci con il consenso della popolazione locale.

 

In seguito agli ultimi scavi anche l’area sacra di Pyrgi sta evidenziando una consistenza diversa oltre i due Templi. Ma qui avvenne il clamoroso ritrovamento delle lamine d’oro scritte in Cartaginese ed Etrusco da cui si è ricavato che il tempio maggiore era dedicato alla dea Astarte divinità Cartaginese. Ciò rafforzò l’ipotesi di una alleanza tra le due città notizia che ci è stata trasmessa dagli storici antichi.

Qui l’esistenza della prostituzione sacra ha trovato conferma nella serie di piccole celle costruite a lato del tempio che, si ipotizzò, servissero a ricevere i frequentatori del luogo sacro.

Entrambe le aree, tuttavia, assomigliano più a degli scali marittimi realizzati dai navigatori del Mediterraneo, che a dei porti costruiti dalle popolazioni locali che, comunque, ne ebbero gran beneficio.

L’escursione di Domenica scorsa, proponendo una visita ai  luoghi, è stata occasione per un approfondimento di questi temi. 

 

Giulio Signorelli

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