In una edizione precedente ho inteso parlare del lago di Bolsena, proponendomi ad esso come ad un amico: un amico da amare.

Abbraccio spesso, con lo sguardo, dall’alto della Rocca di Montefiascone, le colline che circondano il lago. Sorvolo, con la mente Marta, Capodimonte, Valentano, Gradoli, San Lorenzo Nuovo fino a Bolsena e, di ciascun paese,  immagino storie antiche, miti e leggende, che, con il loro fascino fantastico, talvolta,  allontanano dalla storia. 

E dalla storia si allontana il racconto fantastico di un  amico che ha trascorso una vita intera a svolgere sul Lago la sua professione di pescatore. 

Questo amico, Fanco Monanni, che non è più con noi, non avverte più gli effetti delle “Sesse”, quando il  lago “Renfia”, non scrive più poesie dal suo rifugio sul lago.  Ho di lui il ricordo dell’uomo: un uomo pulito, semplice e incantato di questo lago. Su di esso, Franco,  ha raccontato una storia fantastica, una leggenda – fra tante – che inneggia al mistero del Lago. La razionalità di ogni giorno, talvolta, si allontana dalla storia e lascia spazio al fantastico per  cogliere la poesia della vita che aiuta a  sopportarne la dura quotidianità. 

Ecco, integralmente, come Franco ha raccontato, in un suo scritto  una leggenda del Lago:

 “ Quando ero ragazzino, appena la guerra, quando scendeva la sera, tutti i pescatori si radunavano per stare a veglia e,  ora l’uno ora l’altro, raccontavano cose fantastiche, come ad esempio- la leggenda del Lago – e, siccome io sono sempre in un mondo fantastico, ma molto spesso vengo richiamato nella triste realtà e faccio il pescatore, ve la voglio raccontare.

Sarebbe pressappoco come Sodoma e Gomorra. Al tempo antico, non si sa quanti anni addietro, al posto del Lago, c’era una città viziosa, perversa e in questa città viveva una donna ricchissima, ma tanto crudele.Questa donna aveva una sorellastra, vedova con due bambini, tra cui uno in fasce, ma era molto povera e per sfamare i bambini andava dalla sorella ricca a farle la serva. Tutti i giorni le faceva il pane, poi con le mani sporche di farina e pasta andava a casa sua, dove si raschiava le mani e con quella poca pasta che riusciva a racimolare, faceva un piccolo pane per i piccini.

La sorella ricca un giorno se ne accorse così, prima di partire le fece lavare le mani. Questa andò via piangendo non sapendo cosa dare a mangiare quel giorno ai bambini. Mentre camminava per la strada trovò uno sterco di bue, lo raccolse e lo portò a casa, lo mise sotto la cenere a cuocere, perché lo potesse dare ai figli. Mentre questo cuoceva, udì bussare alla porta, andò ad aprire e vi trovò un vecchio che chiedeva l’elemosina o qualcosa da mangiare. Questa piangendo le disse che non aveva niente neanche per lei, ma il vecchio insistette, dicendole che sotto la cenere cuoceva una bella pagnotta.

La  poveretta, vergognandosi, gli disse quel che stava cuocendo per i piccoli, ma questo entrò, scansò la cenere e ne uscì una grossa pagnotta bianca. La donna cadde in ginocchio per il miracolo, ma il vecchio la prese e l’aiutò ad alzarsi dicendole, prendi i piccoli e fuggi da questa città perversa e non voltarti indietro mai, perché dietro di te sarà morte e distruzione, poi il vecchio sparì.

La donna fece come le era stato detto, prese i piccini, uno nella mano, l’altro, il più piccolo in braccio e si mise in cammino. Quando aveva fatto molta strada vide che il più piccolo avava perduto una fascia, si girò indietro per cercarla e, con sorpresa vide che al posto della città si era formato un lago annegando tutta la popolazione.

Ancora oggi, quando si leva il vento ad increspare il lago, in mezzo, si vede una striscia cheta come se vi fosse dell’olio ed ancora oggi, si racconta che quella striscia sia la fascia del bambino”. 

In questo racconto surreale trovano collocazione, quasi un denominatore comune, spazi in cui collocare borghi medioevali nobilitati dalla presenza di palazzi antichi, grandiosi castelli e manieri che, con le torri sovrastano i paesi e ci rimandano a soffermarci, più in dettaglio, anche su fatti storici permeati di profonda religiosità.

Anche per questo, il lago, è un amico: un amico da amare.

Michelangelo Mantovano

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