VITERBO (UnoNotizie.it)
Marco Ferreri è stato uno dei più geniali quanto sottovalutati autori del cinema italiano; artefice di film considerati sovversivi e creatore di personaggi corrotti, immorali e anarchici. Eclettismo culturale ed estrosità poetica hanno contraddistinto fin dagli esordi la sua pratica registica che critica e pubblico hanno etichettato fino alla fine come provocatoria, iconoclasta, misogina e moralista.
Già con L’ape regina (1963), il suo primo lungometraggio italiano, si grida allo scandalo per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici che costrinsero un pesante intervento della censura con tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e l'aggiunta di “Una storia moderna” al titolo originario. Il film è una divertente e graffiante parabola anticoniugale oltre che una feroce critica all’ideologia cattolica della borghesia italiana e al matrimonio come convenzione sociale ipocrita, bigotta ed egoistica.
Il protagonista Alfonso, per sfuggire all'insaziabile moglie che pretende da lui un figlio, si chiude in ufficio per gustare in solitudine ottime pietanze. Con L’ape regina si impongono da subito i temi cari alla poetica ferreriana che si ripetono, opera dopo opera, come un ossessivo leit motiv: il sesso, il cibo, il corpo, la morte, la carne, tutti argomenti considerati tabù dal pubblico ma che il regista inizia a proporre costantemente, incurante della moralità e del senso del pudore che l’epoca imponeva.
Anche la dissacrazione delle istituzioni consolidate, quali la chiesa e la famiglia, sono temi che si svilupperanno in opere successive come La donna scimmia (1964), cinico e grottesco ritratto dell'anormalità familiare e dell’opportunismo sociale, o l’episodio Il professore del film Controsesso, incentrato sul rapporto uomo – donna e su una sessualità feticista repressa.
Nel 1966 con Marcia Nuziale Ferreri porta agli estremi la contestazione dei valori borghesi, esasperando il discorso relativo ai ruoli dei sessi. Ma la vera rottura si crea con Break up (1965) dove il protagonista, interpretato da Marcello Mastroianni, finisce per ritrovarsi solo e sconsolato in una casa abbandonata a dividere le proprie vivande con un grosso cane. Il binomio cibo – sesso nel cinema di Ferreri riveste un ruolo fondamentale in quanto effetto della frustrazione, della crisi d'identità e dell'alienazione dell'uomo moderno all'interno della società capitalistica.
Se il cibo, invece di restituire energia, priva di ogni forza vitale, il sesso rivela l'impossibilità di instaurare feconde relazioni di coppia e l'incapacità di una completa realizzazione della persona che troverà la sua forma più compiuta in Dillinger è morto (1969). Glauco, interpretato magistralmente da Michel Piccoli, passa la notte compiendo azioni meccaniche ed irrazionali: cucina, mangia i suoi manicaretti, amoreggia con la domestica, entra in camera da letto, copre il volto della moglie addormentata con un cuscino e le spara tre colpi in testa.
La morte è frutto di un'autodistruzione progressiva e cosciente, apoteosi dell'angoscia esistenziale, come accade ne La grande abbuffata (1973). Quattro amici si riuniscono in una villa insieme ad una maestra ed alcune prostitute, abbandonandosi ai piaceri della carne e della gola. Le pietanze che si costringono a ingurgitare, la sessualità sporca e contaminata che venerano, le forzature fisiche che si impongono li condurranno progressivamente al suicidio. La natura umana esplica le sue pulsioni più materiali e istintive attraverso la sessualità, il nutrimento e le necessità corporee per appagare la propria insoddisfazione e il proprio senso di disagio.
Cibo e sesso, piuttosto che salvare l’uomo, lo inducono a una degenerazione semi – bestiale, condannandolo paradossalmente all’impotenza e alla staticità. Quelli di Ferreri si possono definire “film fisiologici”, dove la vera essenza dell’essere umano risiede in un universo istintuale che si contrappone al mondo delle convenzioni e della razionalità. Ogni manifestazione fisica che proviene dalla sfera corporea sublima l’assenza di funzioni emotive in virtù di uno sterile e fatale processo di soddisfacimento.
Il cinema di Ferreri è popolato da un’umanità immersa nella solitudine che si lancia nell’appagamento illimitato dei suoi istinti primari ed animaleschi, in una regressione che sfocia nel raggiungimento di una dimensione apocalittica e nichilista.
Elisa Ignazzi
- Uno Notizie cinema Italia -
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