NAPOLI ( UNONOTIZIE.IT ) Apprendiamo con grande fiducia la volontà del nuovo Assessore al Bilancio del Comune di Napoli Riccardo Realfonso di non voler né svendere né privatizzare i servizi pubblici ed in particolare la risorsa acqua.

Questa posizione è in netto contrasto con la proposta di privatizzazione insita nei progetto di "multiutility" del così detto "Polo Energetico" dell'ex assessore al Bilancio Enrico Cardillo.

A questa dichiarazione di intenti devono però seguire fatti concreti: abbandonare qualsiasi ipotesi di gestione aziendalistica privatistica dell'acqua e costruire ipotesi concrete di gestione diretta del servizio da parte degli Enti Locali.

Infatti, nonostante la legge 133/08 che va nella direzione della privatizzazione di tutti i servizi pubblici locali, è ancora possibile per l'ente locale gestire l'acqua nell'ottica del servizio pubblico, ossia con la gestione diretta da parte degli Enti Locali.

Pensiamo che la scelta dell'affidamento ad un’Azienda speciale consortile sia quella realmente rispondente ad una gestione pubblica del servizio idrico, a differenza dell'affidamento ad una SpA anche se “in house”o ad S.r.L.

Le ragioni sono sostanzialmente due: la prima, di carattere “pratico” è relativa al fatto che la scelta della SpA “in house”, per la sua natura ambigua, di essere contemporaneamente società di diritto privato e organo dell'Amministrazione pubblica, è sottoposta a molte verifiche e contenziosi - ed obbligata a produrre utili.

Lo dimostra da ultimo, ad esempio, il provvedimento di indagine disposto dall'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori su tutte le 64 S.p.A. a totale capitale pubblico che gestiscono il servizio idrico nel nostro Paese secondo il quale solo 5 S.p.A. in house su 61 risultano a norma di legge.

La seconda ragione è che stare nell'ambito del diritto pubblico o in quello privato non è assolutamente la stessa cosa in termini di conseguenze per chi usufruisce del servizio: essere Azienda di diritto privato significa dover rispondere all'obiettivo di produrre utili, mentre un Ente pubblico assume come vincolo il pareggio di bilancio. Il che, per esempio, non è decisamente indifferente nella fissazione dell’andamento tariffario, a partire dal riconoscimento della remunerazione del capitale aziendale investito in una misura pari al 7%, e, più in generale, per l’insieme delle scelte gestionali che un’azienda deve assumere.

Anche nel caso dell'Arin SpA è attraverso le tariffe pagate dai cittadini che si garantisce la remunerazione del capitale investito.

L'acqua è un diritto non una merce,

per questo chiediamo:

- Una gestione pubblica attraverso un Ente Pubblico, quale può essere l'Azienda Speciale e non una S.p.A. Napoli sarebbe in Europa, come Parigi ad optare per una gestione pubblica diretta del servizio idrico.

- 50 litri al giorno gratis per persona così come proposto nella legge d'iniziativa popolare nazionale presentata in parlamento nel luglio 2007 con oltre 400mila firme. Perché se l'acqua è un diritto vitale , la quantità minima indispensabile alla vita non bisogna pagarla!

- Inserire nello Statuto Comunale il riconoscimento del servizio idrico come privo di rilevanza economica. Condizione necessaria per la ripubblicizzazione dell'acqua;

- l'introduzione di canoni sociali per le fasce sociali svantaggiate

- La tutela dei lavoratori e delle lavoratrici e la salvaguardia dei livelli occupazionali.


Coordinamento regionale campano per la gestione pubblica dell'acqua

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